In piena campagna elettorale Paolo Sergas ci invita a continuare con lui il suo viaggio, poco politicamente corretto, nell’urbanistica goriziana: sono le idee che il Forum per Gorizia vuole continuare a offrire alla città, per i beni comuni e non per quelli privati
Brevissimo riassunto delle puntate precedenti
Nelle puntate precedenti è stato più volte messo l’accento su tutta una serie di lavori inutili che sono stati fatti e che sono in procinto di partire a Gorizia, sulle politiche di liberalizzazione e di privatizzazione, sul cemento gettato nella nostra provincia che è diventata quella più cementificata d’Italia. I recenti (e i futuri) aumenti di bollette, IMU, IVA e imposte locali servono proprio a questo: a pagare il completamento dei lavori inutili e a mantenerli, ad arricchire i gestori dei servizi, a portare le opere di urbanizzazione (strade, marciapiedi, luce, acqua e gas) ai cementificatori e consumatori di suolo verde.
Credo sia il momento di cambiare rotta e di investire in modo completamente diverso le risorse pubbliche. Allora, premesso che Gorizia è un bene comune da valorizzare, attraverso forme di partecipazione attiva dei cittadini, la prima cosa da fare è proprio quella di bloccare le opere inutili che saccheggiano il territorio, modificano le radici della nostra storia e ci fanno diventare tutti più poveri. Ma ecco alcune cose concrete che si possono inserire in un programma urbanistico di conversione ecologica della città.
Alcune cose da fare subito
1. Fermare l’urbanistica contrattata e rivedere gli strumenti urbanistici che hanno privatizzato le trasformazioni del territorio come gli accordi di programma, le perequazioni e compensazioni urbanistiche, i project financing e social housing.
2. Interrompere il consumo di suolo e censire le case non abitate (quante nuove abitazioni costruite restano invendute!), i negozi non utilizzati e le aree industriali dismesse. Sostenere in maniera netta e con forza questa opzione senza ambiguità. (Non si può dire di essere favorevoli al centro commerciale di via Boccaccio, più di ventimila metri cubi di cemento fuori terra, quattro piani interrati bucando dalla parte della valletta del Corno e contemporaneamente sostenere di essere contrari al consumo di suolo!!!)
3. Recuperare le vecchie case vuote prima di consentire la costruzione di nuove; bloccare tutte le nuove urbanizzazioni su aree verdi, perché non c’è da costruire ma da restaurare e completare aree già urbanizzate.
4. Assieme a queste scelte, promuovere un grande progetto di integrazione fra città e campagna, orti urbani ed ecologia locale, alimentazione di qualità con filiere corte in modo da riavvicinare fisicamente produzione e consumo; un progetto nel quale coinvolgere cittadini attivi e imprenditoria locale, associazioni e amministrazione comunale.
5. Rivedere completamente il piano della mobilità favorendo quella pubblica al posto della privata: troppe auto circolano in città senza motivo e si continua a pensare che le strade, le vie e le piazze di Gorizia siano il mondo dell’automobile privata, che tutto debba ruotare attorno a quell’oggetto, dai nostri comportamenti ai nuovi progetti per la città. Allora la direzione da intraprendere potrebbe essere quella di trasformare Gorizia, da città organizzata e strutturata in funzione dell’automobile dove pedoni e ciclisti devono “convivere”, in una città dotata di una vasta rete pedonale e ciclabile formata da percorsi piacevoli, spaziosi, agevoli e sicuri, separati dalla circolazione delle auto, che consentano di raggiungere comodamente tutti i punti significativi del centro, di indirizzarsi anche verso gli abitati più esterni, come Lucinico o Sant’Andrea e di allacciarsi ai percorsi di Nova Gorica e Vertoiba. Che ve ne pare?
6. Un cambiamento per svilupparsi ha bisogno di sedi dove farlo, spazi regolamentati dal Comune ma vivi, in cui cittadini singoli, associazioni e movimenti possano incontrarsi e “fare politica”. Spazi pubblici da riaprire come gli edifici dei due ex valichi che il Comune intende svendere per quattro soldi; ma molti edifici pubblici, attualmente chiusi, potrebbero essere utilizzati subito per questo scopo. Potrebbero restare sedi pubbliche o essere affidati a gestioni esterne e diventare ad esempio un dopolavoro, sede di servizi welfare, occasione di lavoro se ristrutturati da giovani o da disoccupati. Potrebbero anche diventare luoghi di ricerca e di riflessione sul senso della convivenza civile ed ecologica in collaborazione con scuole, università e mezzi di informazione.
Ecco che queste sono alcune cose che si possono fare concretamente, da subito; sono un netto cambio di rotta e costituiscono direzioni di una conversione ecologica possibile, campi sui quali lavorare e trovare alleanze con il mondo del lavoro, della scuola, delle imprese e degli agricoltori, basi sulle quali cercare il sostegno di gruppi di cittadini attivi, trasformando “in positivo” gli argomenti delle loro proteste.
Sono la vera green economy, per Gorizia.
Paolo Sergas (9. continua)
e che bel che saria! te dise che prima o dopo ghe la femo?