A giudicare dagli interventi riportati sui quotidiani odierni la conclusione del Convegno delle Chiese cattoliche del Nord Est non ha offerto particolari emozioni. “L’Italia ce la farà” afferma il cardinal Bagnasco senza spiegare su cosa sia fondato il suo ottimismo; “0ccorre che la Chiesa esca dalla chiesa” dice il vescovo Soravito senza naturalmente dire che cosa accade a chi ci prova senza l’autorizzazione ecclesiastica; “è ora di passare dalle prospettive ideologiche al momento dell’ascolto” si sostiene in termini poco più che ecclesiastichesi; “la politica mette al centro gli interessi e i privilegi di pochi invece che il bene comune”, scopre l’Arcivescovo di Gorizia sottolineando forse quello che la maggior parte degli italiani si attende dalla Chiesa cattolica: non tanto parole quanto l’annuncio del vangelo di Gesù accompagnato da fatti concreti che lo rendano credibile.
Tanto per rimanere in tema di “privilegi”, forse se Bagnasco avesse pubblicamente rinunciato ad alcuni particolarmente evidenti privilegi il convegno di Aquileia2 avrebbe davvero proiettato le comunità ecclesiali del Nord Est all’avanguardia di un’autentica stagione di rinnovamento. Tanto per portare qualche esempio, si pensi all’impatto anche spirituale di una clamorosa richiesta esplicita di pagare l’imu anche sui beni non commerciali (si pensi che una grande porzione della superficie degli immobili in Gorizia appartiene a enti connessi con il cattolicesimo), o della rinuncia al privilegio di ricevere l’8 per mille sulla base dell’intero gettito e non invece (come sarebbe ovvio) sulla base del numero di coloro che sottoscrivono per la Chiesa cattolica, o ancora della rinuncia al controllo dell’insegnamento della religione cattolica di nomina pubblica condizionata dall’idoneità da parte dell’autorità ecclesiastica (addirittura con la possibilità di immettere nell’insegnamento a titolo di supplenti anche insegnanti privi di ogni titolo abilitante esclusa la “simpatia” da parte del Vescovo o dei suoi collaboratori!).
Con ogni probabilità scelte di questo tipo farebbero sussultare un po’ tutti sulle sedie, più che enunciazioni di principio troppo simili ai programmi dei politici con i loro discorsi talmente ovvi da rendere impossibile qualsiasi dissenso ma da suscitare nel contempo una sensazione di sottile inconcludenza.
Andrea Bellavite
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