Il “Cara” di Gradisca ha un nome dolce, ma nasconde problematiche delicate: è il Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo, dove per al massimo sei mesi sono “ospitati” coloro che richiedono lo status di rifugiati da Paesi in cui rischiano la vita. A differenza di chi è rinchiuso nel Cie, chi soggiorna nel Cara può uscire durante il giorno, ma la vita è dura: in attesa del pronunciamento sul diritto di restare in Italia o sul ricorso presentato in caso di primo respingimento, i richiedenti non possono per legge svolgere alcun lavoro e i servizi loro offerti dal territorio sono veramente esigui, se si eccettua la straordinaria azione di alcune associazioni non basate sul profitto. Quando scadono i sei mesi, le persone vengono senza indugio espulse dalla struttura: senza lavoro (che non possono svolgere appunto per legge), senza conoscere se non a sommi capi la lingua italiana, senza sapere dove andare a mangiare o dormire… vagano per le campagne e per le città cercando – come si suol dire – di sbarcare il lunario. Senza l’azione assistenziale del volontariato sociale essi sarebbero del tutto abbandonati a se stessi e alla crescente diffidenza da parte dei cittadini goriziani che si sentono costantemente interpellare da volti tristi e da parole stentate: “ho fame, dammi qualcosa per mangiare”. Il futuro primo cittadino di Gorizia sarà il sindaco anche di questi poveri fra i poveri, dovrà farsi carico della loro sofferenza e agire a tutti i livelli perché la nostra città si meriti il predicativo di “accogliente”. Almeno un po’ di più di quanto è stata finora… Proprio come potrebbero insegnare tanti “grandi” del recente passato, come ad esempio – perché no? – Madre Teresa di Calcutta!
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