I tecnici governanti dicono che il lavoro non è un diritto, ma va conquistato con sacrifici e va evidentemente, secondo loro, goduto per quello che dà. Goduto?In questo, pur appoggiati dal Vaticano, sembrano poco cattolici. Ma come, non era Dio che comandava ad Adamo di andare nel mondo e soffrire lavorando, mentre ad Eva rimaneva la condanna del parto? Comunque sia, oggi ai giovani si dice che devono accontentarsi di quello che trovano. Avete voluto fare i filosofi, i letterati, gli umanisti? Allora, come succedeva in Cina e tra i khmer rossi, adesso andate nei campi, spaccatevi la schiena, pulite i cessi, entrate nei cantieri senza protezione, sollevate i telefoni dei call center e muci. Oggi però si apre uno spiraglio occupazionale: leggiamo che nessuno brama di fare il presidente del consiglio comunale perchè l’indennità è stata decurtata. Ma come, i politici non dovevano avere spirito di servizio e amore dell’impegno, al di là della mercede? Comunque per i goriziani non è un problema. Diano il posto e l’ indennità ad un giovane laureato o ad un extracomunitario, a qualcuno che ha bisogno di un lavoro socialmente utile. Chissà che non sia più motivato e faccia meglio per la nostra città. adg
demotivati, stanchi ancora prima di cominciare e privi di idee. 10 euro a chi pensa di avere indovinato di quale gruppo stia parlando
Il lavoro è una priorità ineludibile e parlare di diritto al lavoro implica la necessità di definire precisamente anche quale lavoro si intende creare o garantire e come, con quali modalità, ossia quali sono le strategie di ripresa economica e le misure che si intendono adottare per uscire dalla crisi. L'art.4 della nostra Costituzione, nell'affermare che "la Repubblica riconosce a tutti i cittadini IL DIRITTO al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto", sottolinea anche che "ogni cittadino ha IL DOVERE di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che CONCORRA AL PROGRESSO MATERIALE O SPIRITUALE DELLA SOCIETA' ". La prima parte dell'articolo, quella in cui si afferma il diritto al lavoro e la responsabilità dello Stato di assicurare le condizioni perché ciò si realizzi, ha delle conseguenze giuridiche precise. Lo sostiene la costituzionalista Lorenza Carlassare, la quale, sul Fatto Quotidiano del 29 giugno, citando due sentenze della Corte Costituzionale (sent.105/1963 e 61/1965), parla di "diritto sociale che obbliga lo Stato ad una politica di sviluppo economico" mirata al raggiungimento di quell'obiettivo. A tale proposito, mi pare che finora sia mancata totalmente e che oggi più che mai ci sia bisogno di una seria politica di sviluppo economico, che stabilisca chiaramente qual è l'idea di sviluppo e come si intende realizzarla. Circa la seconda parte dell'articolo, chi di noi non sarebbe felice di contribuire al benessere materiale e spirituale non solo proprio ma di tutta la nazione? Ma se il lavoro non c'è, che si può fare? E se, come sostiene Massimo Fini (Fatto Quotidiano del 30 giugno), il diritto al lavoro, come il diritto alla salute o alla felicità, non esiste ed appartiene "alle astrazioni della modernità che nulla hanno a che fare con la vita reale", perché "nessuno, foss'anche Domineddio, può garantirli, se "é inutile sancire il diritto al lavoro se in una società il lavoro non c'è", se "l'unica cosa che possiamo pretendere in una società moderna è l'assicurazione da parte della collettività, di una vita dignitosa anche per chi il lavoro non ce l'ha e non lo può trovare", come se ne esce? A chi spetta il compito di trovare delle soluzioni? Al singolo? Ognuno si deve arrangiare come può e come sa, oppure possiamo ragionevolmente aspettarci che sia lo Stato a creare le condizioni per lo sviluppo e la crescita economica in grado di assicurare lavoro a tutti? E ancora, il lavoro e l'economia di un Paese devono necessariamente essere agganciati alla domanda del mercato selvaggio, alla legge del profitto, alle regole della produttività e della concorrenza, spesso spietata e sleale, o è ancora possibile immaginare uno sviluppo che abbia al centro le persone, il benessere in senso non consumistico, il "PIL DELLA FELICITA' "? Il LAVORO ha ancora un VALORE che non sia quello meramente economico? Il lavoro nobilita l'uomo o lo umilia? Esalta la sua la dignità o conculca i suoi diritti? Attendiamo trepidanti una risposta. Possibilmente seria. A proposito, il posto di presidente del Consiglio Comunale è ancora libero? Anna V.