Dopo che del jazz, del vegetarianismo, della storia, dell’euroregione, del Collio… ora Gorizia si appresta a diventare anche capitale delle celebrazioni del centenario della cosiddetta Grande Guerra. Si tratta di un’enfasi giornalistica alla quale non corrisponde spesso alcuna realtà, non perché la città non sia all’altezza di essere capitale di qualcosa, ma perché non appare ancora in grado di realizzare ciò che a chi viene da fuori sembra assolutamente ovvio: l’integrazione mentale e operativa del territorio di qua e di là dello scomparso confine. Nonostante il Gect, che ancora non sembra navigare a pieno regime, sono numerose e forti le remore a una relazione inter-nazionale in grado di oltrepassare gli angusti (e peraltro ancora non sufficientemente percorsi) sentieri del mero interesse economico. La dicono lunga la clamorosa uscita di un consistente numero di consiglieri comunali (anche giovani!) mentre David Peterin esordiva in aula parlando in sloveno e le per ora insormontabili difficoltà nel “fare i conti” con la storia travagliata della prima metà del Novecento. E così, pensando a quella che quasi affettuosamente viene definita la “Grande Guerra” e che in realtà non è stata altro che un'”inutile strage”, è difficile ipotizzare che si parlerà – insieme/skupaj! – delle sofferenze patite da Gorizia e dai paesi sloveni sul Carso sottolineando le responsabilità dei “comandi” italiani i cui nomi caratterizzano una parte cospicua delle vie della città. E’ difficile sperare che si analizzino le conseguenze devastanti del dopoguerra, in particolare quelle provocate dal fascismo alla base delle tragedie che si sono verificate successivamente. Senza nuove relazioni, è illusorio pensare che la “storia” della Prima Guerra Mondiale e delle centinaia di migliaia di giovani italiani, sloveni, austriaci, ungheresi, ecc. che ci hanno lasciato tragicamente la pelle, non venga ridotta a un mero richiamo turistico bensì possa essere occasione di riflettere sull’assurdità della guerra, degli interessi economici e finanziari che la scatenano, dei nazionalismi e degli ideologismi che la rendono possibile, dell’ingiustizia sociale che ne è il fondamento. Ieri e oggi. ab
E' proprio così. Basti ricordare le polemiche sulla lapide per la Battaglia di Gorizia e le altre decine di monumenti incomprensibili o nascosti nel nostro territorio. Ad esempio la targa dei fucilati al castello, rinchiusa ed invisibile nel cortile delle milizie e in cui non compare nessuno dei nomi dei fucilati che pure nel libro di Luciano Spangher risultano essere circa 50 (ma da ricerche che stiamo facendo sembrano addirittura 120). Perchè non ci sono i nomi dei morti che pure compaiono sul lapidario e sulla lapide dei deportati della comunità ebraica? Io delle ipotesi le farei, ad esempio il fatto che i morti erano quasi tutti sloveni. Allora il discorso è sempre quello. O TUTTA la storia viene messa in piena luce o finchè permangono zone d'ombra non si fanno che alimentare fratture politiche e nazionali, come la vicenda del consiglio comunale mi pare dimostri. Se il consigliere avesse parlato in inglese o tedesco, magari tutti sarebbero rimasti al loro posto, maledicendosi per non avere studiato le lingue.adg
Assolutamente d'accordo con voi, quella del centenario della I Grande Mattanza potrebbe essere una grande occasione per Gorizia – e non solo – e spero davvero che la nostra città sappia coglierla, rinunciando alla solita retorica triste ed arrogante che, purtroppo, per decenni ha impedito a intere generazioni di conoscere la verità, tutta e di tutti! Un'occasione unica davvero, per conoscere e riconoscere, approfondire, riflettere, capire, pacificare, condividere, imparare a convivere. Anna V.