Giovedì sera, una mezz’ora prima del tramonto. Inforco la bici per gustare il fresco incipiente, cosa meglio di un breve tour all’Isola della Cona o sul Carso goriziano? Il pensiero del puma che si aggira presso la foce dell’Isonzo, alla ricerca di qualche ciclista per cena, toglie ogni dubbio. Penso a una salita compatibile con la pancetta prominente e decido di tentare la via che dal paese sale al sacrario di Redipuglia, con l’idea – una volta raggiunta la meta – di scendere verso Doberdò gustando il profumo della natura estiva. Procedo spedito, meno fatica del previsto, l’ombra pietosa della macchia rafforza i muscoli e le gambe mulinellano agili sugli aerodinamici pedali. Un tornante, un altro e poi… una massa scura occupa buona parte della strada, i miei deboli occhi cominciano a trasmettere informazioni al cervello: una radice? una pietra? un meteorite? No, si muove, anche se pigramente: oddio, che sia il puma? Ma no, ha una codina attorcigliata e il pelo disordinato, forse un enorme cane? Come potete immaginare, a questo punto mi fermo, sono a una decina di metri: provo a battere le mani, a schioccare le dita. L’essere si gira con calma, mi mostra i dentoni ricurvi ed emette un grugnito tutt’altro che rassicurante. Facendo tesoro degli insegnamenti ricevuti, mi affretto a chiedere se si tratta di un maschio o di una femmina, nel secondo caso se ha i piccoli: niente, l’interrogato/a non risponde. Anzi, sembra non gradire l’intervista, più annoiato che infastidito mi fa capire: “ciò, te zerchi longhi? (orpo – penso – ‘l ze un cinghialUccio!), se no… foeura di ball (accidenti, è anche un cinghiaLega!)”. Estraggo lesto il telefonino per scattare almeno una foto, ma questa volta l’atteggiamento dell’energumeno consiglia di accantonare la filosofia: bicicletta a 180°, massimo rapporto, discesa alla Eddy Merckx tra gli sguardi stupiti dei redipugliesi. Per questa volta non finisco in pentola, il prossimo giro in piazza a Monfalcòn… cc (ciclista coraggioso)
Ti è andata bene…una volta "un cinghiale si scontrò con un guidatore di Suv che andava a centocinquanta. L'animale ebbe la peggio. Il cinghiale invece se la cavò con una zampa rotta". Dal libro "Pane e tempesta" di Stefano Benni.
Vedo che la bicicletta fa bene non solo alla salute del corpo ma anche a quella dello spirito: esilarante il racconto dell'incontro con il CinghialUccio (o forse era la CinghialJole???), davvero gustoso, mi sono fatta due sane risate di mezzanotte, (dopo una serata di grande musica con il Glauco Venier Quartet, nutrimento per l'anima, puro godimento sensoriale, rara bellezza), continua così ciclista coraggioso, abbiamo tanto bisogno anche di leggerezza e allegria, ma in futuro ocio a tute le bestie selvadighe, nostrane e foreste! Anna V.