Per l’amor del cielo, per il momento è ancora possibile scrivere quello che si ritiene opportuno. Ma è anche lecito criticare quello che altri dicono, fosse anche il Presidente della Repubblica. Ecco, che Giorgio Napolitano abbia inviato una lettera alla Nazionale di calcio impegnata nella finale europea affermando che i giocatori “hanno indicato una strada all’Italia” appare un gesto di riconoscimento retorico ed eccessivo. Il calcio italiano, reduce da un ennesimo periodo triste caratterizzato da scandalosi interessi macroeconomici spesso oltre i confini della legalità, ha azzeccato un paio di (indubbiamente belle) partite, ma ha superato il turno di qualificazione “per grazia ricevuta” e ora affronta ad armi pari la scuola attualmente più forte del mondo. Non si tratta di denigrare l’entusiasmo dei protagonisti o di snobbare i gesti atletici o gli show di Balotelli, Buffon e compagnia; neppure di svalutare la passione per uno sport affascinante come il calcio che riempie ogni domenica gli stadi e “incolla” tanti italiani ai televisori. Tuttavia è veramente troppo costringere tutti – anche chi legittimamente non ama il pallone – a quasi un mese di ininterrotte trasmissioni radio televisive: preparazione della partita, polemiche su questo o quel giocatore, ore e ore di profonde opinioni proferite con aria saccente e un po’ sofferta (tipo: “vincerà chi riuscirà a segnare un gol più degli avversari”, “occorre cercare di segnare nei 90 minuti a disposizione”, “la squadra contro la quale giocheremo cercherà di metterci in difficoltà”…), telecronache con accenti da propaganda di guerra (“i volti sereni dei nostri campioni mentre cantano assorti il nostro inno, consapevoli del difficile compito che li attende”) e infine giornate intere di commenti commenti e commenti. Insomma, vincere tre partite è un po’ poco per “indicare una strada all’Italia”. E i frequentissimi accostamenti alla “partita” dell’Esecutivo sui tavoli dell’Unione e i paragoni ripetuti milioni di volte fra i due “super-Mario” nazionali fanno pensare che molto meno spazio è dedicato a spiegarci quanto pagheremo gli ultimi accordi di Bruxelles, l’apparente momentanea soddisfazione degli irrequieti “mercati” e le manovre del Governo sostenuto dalla maggioranza dell’attuale impresentabile Parlamento. E infine, riguardo alla “finale”, l’augurio è che sia semplicemente una bella partita e che – per dirla con i giornali di questi giorni – “vinca il migliore!”
Beh, la finale è andata, io personalmente non l'ho nemmeno guardata, tranne qualche spezzone. Riflettendo su tutto ciò che è stato detto e scritto in queste ultime settimane di "delirio" calcistico, credo che in tanti si siano resi conto della sproporzione tra "l'evento" e la sua "celebrazione": al di là di tutto, gioire per una bella prova sportiva è legittimo, farne un affare nazionale o farla diventare un'occasione di "rivincita" sul piano dei rapporti internazionali mi sembra davvero un'esagerazione. Per non parlare delle metafore calcistiche applicate alla politica e della vecchia retorica dell'orgoglio nazionale, il senso di appartenenza, lo spirito di squadra, e chi più ne ha più ne metta. Quel che inquieta e rattrista allo stesso tempo è che, come sempre accade, in questo Paese una semplice qualificazione al turno successivo venga acclamata e festeggiata – con toni e titoli su alcuni giornali a dir poco vergognosi – come una conquista epocale e che una vittoria calcistica sia in grado di far dimenticare ai più la gravità dei problemi che ci affliggono e la totale mancanza di certezze sulle modalità e le misure per uscire dalla crisi. Come una sorta di "anestesia" temporanea, una partita di calcio riesce quasi sempre ad immobilizzare il Paese in stantii rituali scaramantici, in un vacuo senso di "italianità" con tanto di tricolore esposto e nell'assurda quanto irrazionale convinzione che una vittoria sul campo di calcio possa risollevare le sorti della nazione. Ancor più inquietante è che personaggi delle istituzioni si prestino a questo gioco."L'Italia s'è desta"? Magari!!! Sveglia gente, qui non si tratta di vincere un campionato europeo o, domani, quello mondiale: bisogna trovare il modo di vincere una crisi di proporzioni gigantesche, e non basteranno 90 minuti!!!Anna V.