Finiscono le Olimpiadi, un grande spettacolo di sport onorato da straordinari atleti. Cosa resterà di questa kermesse? Le imprese di Usain Bolt, l’uomo più veloce del mondo; i volti felici e quelli delusi (dei protagonisti e del pubblico) offerti anche ai telespettatori da sapienti regie, la tenacia di gente come Iosefa Idem o – oggi – il pilota di mountain bike Fontana capace di conquistare una medaglia di bronzo senza il sellino. Molte le note positive, tra le quali – checché ne dica il buon Grillo – si può annoverare anche la capacità dei “tifosi” di sostenere la propria squadra nazionale senza per questo mancare di rispetto nei confronti di quella altrui. Non così i telecronisti italiani, a parte i classici fra i quali merita una citazione l’equilibrato e competente Italo Cucci: la retorica del sostegno ai “nostri ragazzi” ha toccato punte nauseanti, come nel gufare la “speranza che l’avversario cada (o sbagli il proprio colpo)” o nella semifinale di taekwondo ieri, con la continua dizione di “malese” affibbiata al concorrente del Mali. A proposito, forse non tutti sanno che su 290 atleti italiani 194 fanno parte di organismi militari o di polizia: come dire che lo Stato non trova altro modo di sostenere lo sport a tutti i livelli, se non inquadrando i “capaci e meritevoli” nella gerarchia militare. Qualcosa vorrà pur dire?
beh..almeno il nostro esercito serve a qualcosa…
a me è piaciuta la faccia del pugile inglese che cercava di scusarsi per l'immeritata vittoria attribuitagli dai giudici sul pugile italiano: un popolo quello inglese molto più sportivo di noi.