Scomodo iniquamente il grande Dostoevskij per rubare il titolo del suo romanzo. Sto restaurando la mia nuova casa: ultimo piano dell’Ospedale di Santa Maria 1378, in piazza Cavour. La casa subì i bombardamenti durante la Presa di Gorizia durante la Grande Guerra. Ed ecco che demolendo un solaio e ripulendo le vecchie travi portanti affiorano a poco a poco splendide memorie di un tempo che non c’è più, ma del quale letteralmente trasudano le pietre della nostra città. E della ricostruzione del 1920 ecco alcune tracce, testimonianze semplici della vita di chi un secolo fa, come me adesso, ha scelto queste mura per la propria famiglia, donandone nuova vita: confezioni di lamette da barba, una lapis, il busto di un pennino. Il torsolo di un rocchetto di filo e una scatola di zolfanelli che la ditta “Italianissima” produceva per pubblicizzare la necessità di soccorrere i mutilati di guerra. Una boccetta intatta per medicine in vetro soffiato, l’incarto delle medicine della farmacia dott. Marchesini, il “Piccolo della Sera” del 10 aprile 1920 dove si annuncia che “L’Intesa lavora affinché Germania e Francia sgomberino presto le terre occupate”. E poi lei. La più struggente tra le memorie. Il ritaglio di una foto col ritratto di una bambina.. Il suo viso si confonde nei bordi sbiaditi, quasi uscito anch’esso da una de “le Variazioni di Reinach” dell’autore Filippo Tuena. Giovanni Civran
…"E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire"…Vivendo lasciamo dietro di noi una quantità infinita di indizi della nostra presenza. Non servono a nulla. Se mai qualcuno gli ritrova non son di aiuto per capire di chi erano. Dopo la morte l'unica tesitmonianza di aver vissuto è il ricordo che gli altri coltiveranno di noi.
Mette tristezza pensare che oggetti inanimati sopravvivono all'uomo, anche per migliaia di anni: l'essere più perfetto che l'evoluzione abbia prodotto è anche il più vulnerabile, il più fragile, essendo mortale. E poi non tutti gli esseri umani lasciano una traccia indelebile del loro passaggio sulla terra, solo alcuni vengono ricordati universalmente, e continueranno ad esserlo, per secoli e secoli, per la loro arte, il loro pensiero, la loro intelligenza, che ha dato origine ad importanti scoperte ed invenzioni, per aver lasciato in eredità al resto del genere umano qualcosa di bello, buono, utile, rivoluzionario. Ma il passaggio sulla terra della maggior parte degli uomini resta impercettibile, qualcosa di cui ci si accorge appena, privo di conseguenze significative. Per coloro che hanno creato qualcosa d'immortale – siano essi scrittori, poeti, studiosi, musicisti, artisti, scienziati, filosofi – restano le opere a perpetuarne la memoria, per chi è vissuto – e magari divenuto famoso – in tempi più recenti fotografie, film e registrazioni sonore offrono l'illusione di un perdurare illimitato, senza tempo. Foto in bianco e nero o a colori ci restituiscono gioiose immagini infantili, momenti di festa, giovinezza e bellezza incontaminate e immortalate nell'istante dello scatto, che fissa quegli istanti e quelle immagini in un tempo immobile. Il tempo invece passa, s'invecchia e si muore e la vera memoria di noi, persone comuni, è affidata alle relazioni umane, alla capacità di empatia e solidarietà,agli affetti che in vita abbiamo nutrito e che, dopo, nutriranno il nostro ricordo, almeno per un paio di generazioni e almeno in coloro che del nostro affetto o della nostra amicizia hanno beneficiato. Anna V.