La scelta di Carlo Maria Martini come guida della grande Chiesa particolare di Milano fu uno dei momenti caratterizzanti il primo periodo del lungo pontificato di Giovanni Paolo II. I vaticanisti del tempo furono spiazzati e sorpresi, si trattava di uno studioso di questioni bibliche non molto conosciuto al di fuori della ristretta cerchia dei ricercatori accademici. In realtà, dal primo impatto si rivelò una decisione lungimirante. Da una parte Martini conquistò in breve tempo il cuore dei milanesi e consentì alla chiesa ambrosiana di avviare un percorso oltremodo significativo di dialogo con i non cattolici, i non cristiani e in particolare con quel mondo “laico” e “non credente” tradizionalmente ritenuto “lontano”. D’altra parte – con le parole, i numerosi scritti, le prese di posizione pubbliche – ha indicato una precisa via tra le tante possibili per interpretare i contenuti del Concilio Vaticano II: quella che prevede un’autentica Riforma della Chiesa a partire dall’ascolto approfondito e dal riconoscimento dell’azione divina non solo nelle Scritture ma anche nella Storia delle persone e dei popoli. Si tratta di una proposta complessa, finalizzata anche al superamento dei troppo angusti criteri interpretativi offerti dalla sola cultura “occidentale” o dall’affermazione dell'”unicità” della mediazione tra il divino e l’umano riservata esclusivamente alla figura di Gesù Cristo, così come “garantita” nel tempo dal magistero cattolico. Non è stata la strada scelta dai “vertici” della Chiesa cattolica, dalla riproposizione del modello aristotelico tomista nelle encicliche pubblicate dopo il 1981 (anno della nomina di Ratzinger a prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede) al conclave del 2005 dove – dicunt tradunt ferunt – l’attuale pontefice fu preferito allo stesso Martini non per mere ragioni di salute e di età. E così il grande vescovo milanese negli ultimi sette anni di “esilio gerosolimitano” ha offerto all’umanità delle grandi perle di intelligenza, accoglienza e autentica sapienza cristiana; e forse la speranza che in tempi non troppo lontani la Chiesa possa essere davvero senza confini, non ancorata ad effimere filosofie o ad anacronistici privilegi, ma esistente soltanto per comunicare al mondo un vangelo di pace, accoglienza, speranza, riconciliazione ed amore. Andrea Bellavite
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