Don Lorenzo Milani morì a 44 anni, il 26 giugno 1967. Lasciò un segno indelebile nella società dei blocchi contrapposti, nella scuola alla vigilia del ’68, nella Chiesa all’indomani del Concilio Vaticano II. Approdato al sacerdozio cattolico dopo un percorso di personale conversione, investì tutte le sue energie nell’insegnare l’uso della parola. Con un metodo avvincente e impegnativo aveva seminato il panico tra i frequentatori delle chiese e delle case del popolo nella periferia di Firenze: eliminati i calcetti e i film parrocchiali aveva creato la scuola popolare per insegnare ai “suoi” parrocchiani – di qualunque provenienza politica – l’arte di servire i propri simili ragionando con la propria testa. “Trasferito” dal friulano arcivescovo Florit in una minuscola parrocchia da mezzo secolo abbandonata tra le montagne del Mugello, il giovane prete realizzò la “Scuola di Barbiana”: un insegnamento permanente, 24 ore al giorno, 365 giorni alla settimana, con i figli di pastori e contadini condannati altrimenti all’analfabetismo pronti a camminare anche due ore nella neve pur di raggiungere la canonica. In breve tempo Barbiana diventa punto di riferimento per donne e uomini che hanno “costruito” la cultura italiana del dopoguerra, tutti trasformati contemporaneamente in maestri e discepoli dall’energico don Lorenzo. Una “scuola” sui generis, incentrata sul motto “I care”, vero e proprio cuore pulsante di un mondo interessante sotto tutti i suoi aspetti, di un servizio permanente finalizzato a rendere veri “cittadini di diritto” i poveri delle colline sopra Vicchio. Un’istituzione capace di affrontare tematiche impegnative e per quel tempo rischiose: la critica a una scuola pubblica incapace di mettere al centro la persona dello studente con le sue qualità umane e il suo “dovere” di impegnarsi nel sociale (Lettera a una professoressa; la “lotta” per difendere gli obiettori di coscienza al servizio militare vilipesi perfino dai cappellani militari (L’obbedienza non è più una virtù); la spietata, alquanto sofferta e attuale descrizione di una Chiesa lontana dal mondo e del tutto incapace di “parlare” al cuore dell’uomo (Esperienze pastorali). Don Milani antepose gli scolari di Barbiana a qualsiasi altra cosa: alla carriera ecclesiastica, agli onori da parte dei potenti, al rischio di finire in carcere, alla propria stessa salute. Ormai minato da un cancro doloroso e devastante, si fece portare una sdraia e costruire un piccolo bagno nell’aula per poter continuare fino all’ultimo a insegnare. “Ho forse dedicato tutto me stesso a voi piuttosto che a Dio. Ma credo che su questo punto non si formalizzerà”. Così scrisse, privato anche della parola e alla vigilia della morte, ai suoi piccoli. E così lo si vuole ricordare giovedì 27 alle 17.30 nella sala Carigo di via Carducci e l’8/9 dicembre nella “gita a Barbiana”. In memoria di Gabriella Miletta.
Che bella presentazione, appassionata ed esaustiva: chiunque visitasse questo blog e leggesse questo commovente ricordo di don Milani, della sua intensa, indimenticabile e preziosa attività di pastore ed educatore – così come quello successivo ed altrettanto commovente dedicato a Gabriella Miletta – non potrebbe che intervenire all'incontro di giovedì ed anche partecipare alla gita a Barbiana. Speriamo davvero di essere in tanti, anche persone che non operano direttamente nel mondo scolastico e dell'istruzione, perché credo che la testimonianza di don Milani, l'esempio di totale ed autentica dedizione al bene degli allievi, l'esperienza educativa orientata alla valorizzazione delle singole individualità ed alla formazione di cittadini consapevoli,liberi e autonomamente pensanti,siano più che mai attuali ed abbiano una valenza etica e culturale immensa, oserei dire universale e senza tempo, in un tempo in cui sempre più stringente si fa il bisogno di autentici, universali valori di riferimento, da trasmettere anche attraverso l'attività educativa ed ai quali ispirare ogni attività umana. Incontri di questo genere interpellano ciascuno di noi, sferzando la nostra inerzia ed invitandoci a confrontarci su temi fondamentali per il presente e per il futuro della vita delle nostre comunità, grandi o piccole, di tante persone, a tutte le latitudini.Anna V.