La questione del film e delle vignette satiriche sul Profeta è drammatica e complessa. Drammatica perché tali pubblicazioni versano abbondante benzina sul fuoco e le reazioni, oltre che seminare morte, minacciano i fragili risultati della “primavera araba”. Complessa perché evidenzia che dal punto di vista culturale è tutt’altro che risolta la conflittualità tra i “valori” del cosiddetto “occidente” e quelli degli altri (pochi) ambiti sopravvissuti alla globalizzazione dei mercati. Da una parte infatti viene richiesto un rispetto nei confronti dei simboli religiosi che giunge fino alla richiesta di inserire nei codici penali dei Paesi “laici” il reato di blasfemia (“nessuno dileggi le religioni”, tuona anche il ministro italiano Terzi); dall’altra c’è la rivendicazione di una libertà di stampa e di opinione intesa come conquista democratica che non può essere messa in discussione da autorità religiose o civili, siano quest’ultime presidenziali o monarchiche (“La libertà di espressione è intangibile”, afferma il primo ministro francese Ayrault). Per il resto la “manovra” sembra essere caratterizzata da un tempismo sospetto: evidentemente il processo di democratizzazione (o occidentalizzazione) del Nord Africa e del Medio Oriente non procede secondo i percorsi previsti da Obama all’inizio del suo mandato. I moti popolari della Tunisia e dell’Egitto sono un ricordo lontano, la situazione in Siria continua a essere incandescente e la sanguinosa guerra in Libia ha lasciato troppi strascichi. E’ difficile immaginare che l’inserimento su youtube di un filmaccio realizzato da un oscuro regista di porno e le discutibili vignette satiriche su una rivista francese non siano altro che un pretesto per rinfocolare una tensione mai del tutto sopita, un gioco di sponda fra potentati planetari all’interno del quale centrano assai poco la blasfemia e la libertà di stampa. O una miccia da spegnere al più presto, destinata a far saltare in aria il tremolante edificio dell’attuale ordine mondiale. ab
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