Nel bello spazio espositivo della chiesa di san Francesco a Udine, da ieri fino al 15 febbraio è possibile visitare la mostra con le gigantesche tele dei “Dieci Comandamenti”, dipinte da Keith Haring. Sono dieci rappresentazioni (la forma, imposta da quella delle finestre del sito di Bordeaux dove sono state realizzate in tre giorni, richiama anche quella delle celebri “tavole” del Sinai) più un’enorme tela dedicata al matrimonio, i cui simboli sono incastonati in una sorta di metaforico giudizio universale. Le proporzioni delle immagini e soprattutto la potenza espressiva del pittore comunicano quasi con dolce violenza la contraddizione permanente che determina lo stesso essere nel cosmo dell’uomo: la lotta tra gli opposti con la sua ininterrotta scia di sconfitte (del bene) e di trionfi (del male); tra l’amore realizzato nell’istante della consegna simbolica dell’anello e l’odio che la circonda attendendo soltanto il “via” per oltrepassare il labile confine; tra un divino sempre “pesante” nella sua costante minaccia al trasgressore e la “leggerezza” permanente di un umano in balia di molti altri dei all’infuori dell’Uno. Si può cedere alla tentazione di identificare la simbolica appartenente a ciascuno dei comandamenti o ritenere – forse più a ragione – che il richiamo biblico sia al fondo soltanto uno spunto quasi irrilevante. Il messaggio di Haring non è una riproposizione postmoderna del catechismo ebraico o cristiano, neppure lontanamente una provocazione antireligiosa: appare semplicemente come la comunicazione dell’angoscia profonda di chi riconosce nel reale i presagi inquietanti della fine, del definitivo equilibrio verso cui tendono tutte le antinomie universali. In altre parole, del termine della sua giovane vita e della fine della storia occidentale. Una mostra da vedere, insomma, anche se – per scendere dalle stelle alle stalle e ben sapendo che la cultura non ha prezzo – negli undici euro del biglietto (mica pochi per i tempi che corrono!) non ci starebbe male anche un semplice pieghevole per consentire all’ignaro visitatore di conoscere qualche dato biografico e qualche notizia in più sul ciclo pittorico, senza dover sborsare ulteriori “euri” per la guida audio o per quella in carne e ossa.
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