Arriva il nuovo Vescovo, un avvicendamento importante per la vita del territorio diocesano che comprende l’intera Provincia di Gorizia, la zona ex austro-ungarica della Provincia di Udine e una buona metà della Provincia di Trieste. Chi è il nuovo “soprintendente” (dal greco “epi-skopos”) delle comunità cattoliche del territorio? Si tratta di Carlo Maria Redaelli, finora ausiliare a Milano. Sull’ultimo numero di Isonzo Soča c’è un’ampia intervista che consente, in attesa di incontrarlo di persona, di conoscerne alcuni pensieri. Nelle sue parole si intravvedono la trepidazione e l’attesa: “Quando uno è nominato vescovo di una Chiesa particolare sa che entra in una realtà viva e autentica, con una propria storia, una propria tradizione, un modo proprio di vivere il Vangelo nel concreto contesto in cui essa si trova”. Si scopre anche la consapevolezza dell’importanza del compito affidato: “Il vescovo con la sua responsabilità di guida e di garante della comunione ecclesiale è chiamato a discernere quali sono i passi concreti da fare perché la Chiesa diocesana viva in pienezza tutto”. Definisce poi come “atteggiamento fondamentale” quello dell’”ascolto dello Spirito Santo che parla attraverso il popolo di Dio, le persone e gli avvenimenti interpretati alla luce della Parola”. E’ vero – ammette il Vescovo – la Chiesa ha bisogno di aggiornare i propri linguaggi e le proprie forme, “trovando il giusto equilibrio tra l’aspetto simbolico e la semplicità del messaggio evangelico, tra l’uso delle cose e la necessaria sobrietà”. Riguardo alla realtà goriziana, Redaelli promette attenzione al “concreto contesto sociale, culturale, economico”… anche alla politica, “sempre però nel rispetto e nella distinzione dei ruoli e avendo di mira la dignità della persona umana e il bene comune”. L’attenzione alla realtà pluriculturale del territorio non suscita dubbi: “è ovvio che conoscere la cultura e, per quanto possibile, la lingua di una parte significativa dei fedeli è fondamentale per chi è chiamato ad essere pastore di tutti”. Attento ai problemi del lavoro e dell’immigrazione, Redaelli si dimostra interessato agli insegnamenti della storia, ammettendo come “anche a livello di Chiesa non si sia ancora compiuta una riflessione approfondita sul tragico ‘900 europeo”. “Immagino – riflette – che nei territori attorno al confine orientale dell’Italia queste riflessioni siano state e siano ancora particolarmente presenti non tanto per tenere aperte delle ferite, quanto per cogliere le motivazioni degli avvenimenti e per fare un passo avanti nella cultura di una vera solidarietà e integrazione europea”. Il territorio, ringraziando il Vescovo De Antoni per la sua semplice, familiare e amichevole compartecipazione agli eventi degli ultimi dodici anni, attende con fiducia chi desidera servire l’unità nella valorizzazione delle diversità. ab
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