Interessante incontro ieri sera al Kulturni Dom di Gorizia. Si è parlato di Concilio Vaticano II, a cinquant’anni dal suo inizio, ma anche di come tale evento è stato vissuto nella città di Gorizia. Dopo la breve introduzione storica e teologica di Andrea Bellavite, hanno preso la parola Jurij Paljk, direttore del settimanale sloveno Novi Glas e Mauro Ungaro, direttore di Voce Isontina. Il primo ha richiamato la forza dell’idea conciliare di “comunità”, sottolineandone l’attualità e l’urgenza in un tempo di solitudine e individualismo come è quello attuale. Ungaro ha rilevato il benefico influsso della realtà conciliare sul mondo e in particolare sulla situazione del territorio goriziano. Non sono mancati interventi da parte del pubblico, particolarmente significativi quello di don Alberto De Nadai, che ha raccontato la storia “conciliare” del quartiere di sant’Anna alla fine degli anni ’60 e quello del prof. Sergio Tavano, che ha richiamato la necessità di una nuova centratura culturale per la chiesa e la società del Goriziano. Vito Dalò si è invece domandato con quale coerenza la chiesa del Concilio non ha immediatamente tolto la pena di morte dall’ordinamento dello Stato Vaticano. Come ha detto in conclusione il direttore del Kulturni Dom Igor Komel, l’incontro ha consentito di aprire una finestra su “nuovi orizzonti”, conoscendo persone e modi di affrontare la vita diversi dai propri, e per questo inngrado dia aiutare a crescere uniti nella diversità.
Per me è stato un incontro che ha lasciato molti dubbi. Don Alberto frutto del Concilio? Certo, ma è anche vero che è stato trattato molto male, gli è stata tolta la parrocchia e ad ora non mi pare ci si accinga a spiegare ai fedeli perchè è stato trattato così e nessuno gli ha chiesto scusa. Mi pare che ne esca un quadro della Chiesa contraddittorio, tra esigenza di comunità ed esaltazione di Woltila, papa su cui il giudizio storico dovrebbe essere più attento. Insomma c'è tutto e il contrario di tutto.Comunque la cosa che a me sconvolge è che il papa non dica nulla sulla condizione dei poveri nel nostro paese, non spenda una parola forte su ruberie e corruzione, insomma non ci sia niente di significativo e di vero che scuota le coscienze anche di chi non ha il "dono" della fede. Ragione per cui costruire una comunità (di chi? Per chi?) risulta solo una buona intenzione. Il dottor Ungaro ha poi parlato della separatezza del pubblico goriziano che non partecipa agli incontri degli "altri". Ma cosa viene fatto di concreto per superare la situazione, per agire insieme, per coinvolgere la cittadinanza? Io non vedo molto. adg
Personalmente mi sono sentita fuori posto, letteralmente un pesce fuor d'acqua, da persona non credente ho seguito con fatica l'analisi del significato del Concilio Vaticano II e della sua influenza sulla vita della Chiesa locale. Non ho più – forse non l'ho mai avuto ?!? – il "dono della fede" eppure, come molti altri, fin dall'infanzia e poi negli anni tormentati dell'adolescenza sono stata quella che si definisce una cattolica"praticante". Già, praticante, che brutto termine: praticare una religione così come si pratica uno sport! In realtà dietro a quest'espressione si nasconde una grande contraddizione, l'ingannevole e spesso ipocrita convinzione di essere "nel giusto" e rende bene l'abissale distanza esistente tra religiosità o spiritualità e religione: spiritualità e religiosità sono attitudini dell'anima che, appartenendo ad ogni uomo, non possono essere confinate entro gli angusti limiti di una confessione religiosa, dei suoi assunti dogmatici, dei suoi rituali, delle sue celebrazioni e dei suoi luoghi di culto, non ne hanno bisogno. Ogni uomo, in misura diversa, sviluppa una propria spiritualità e religiosità e questa non coincide necessariamente con l'appartenenza ad una religione, così come – ne sono sempre più convinta – la capacità di pietà, compassione, empatia e solidarietà verso gli altri esseri umani, specie i più deboli, non è prerogativa esclusiva dell'essere cristiani o, comunque, credenti. La Chiesa cattolica poi, specie nella gerarchia e nei suoi vertici, proprio nel suo essere soprattutto apparato di potere, ideologico e materiale, ha continuato per secoli a tradire il messaggio cristiano di amore, fratellanza, solidarietà e – mi spiace dirlo – i cambiamenti dell'ultimo mezzo secolo paiono più di facciata, di forma più che di sostanza, dal momento che ancora oggi essa non è disposta ad abolire sfarzo, pomposità, a rinunciare ad uno solo dei suoi innumerevoli privilegi ed all'immensa ricchezza accumulata nei secoli per metterla al servizio di chi davvero ha bisogno – non mi riferisco certo alle tante persone che quotidianamente si spendono per rendere meno difficile l'esistenza dei sempre più numerosi poveri e bisognosi – e soprattutto, al di là di qualche sporadico e generico discorso di riprovazione, non promuove azioni forti e coraggiose contro i "veri" scandali del nostro infelice tempo, avallando al contrario, più o meno apertamente, situazioni di palese ingiustizia civile e sociale, violenza materiale e morale, abusi, offesa della dignità umana, privazione di diritti e libertà. Non era mia intenzione offendere nessuno, rispetto chi crede, ma su certe cose credo non si possa più tacere. A.V.
Il tema dell'incontro era riferito a ciò che resta – nel mondo e a Gorizia – del Concilio Vaticano II, 50 anni dopo. Per sviluppare l'argomento ci vorrebbero ben più di due ore, anche perché non si può prescindere da una breve nota sui "fondamenti" dell'evento e da un rapido sguardo al complesso periodo intercorso. Per questo personalmente mi sono limitato a suggerire una chiave di lettura, soltanto accennando ai paradossi del Concilio. La Chiesa non afferma più che l'esistenza di Dio è ovvia se si usa correttamente la ragione e che chi segue altri cammini religiosi non è escluso dalla salvezza; sostiene invece che il proprio unico motivo d'esistenza è annunciare l'amore di Dio per ogni uomo nella condivisione della laicità della storia. E da questo punto di vista invita i credenti a partecipare lealmente a tutte le sfide per la pace e la giustizia nel mondo contemporaneo. E' vero, il Concilio ha detto anche il contrario e l'altra linea ha prevalso, con la visione costantiniana (i cui frutti sono i vari Formigoni e c.) e con la difesa a oltranza degli incredibili privilegi che garantiscono alla Chiesa istituzionale una "presenza" invadente e spesso nauseante. Ciò non toglie che le altre cose sono state dette e scritte e che forse un giorno "vinceranno", anche grazie a nuovi percorsi sperimentali, tra i quali umilmente inserisco anche il mio personale (ma reso possibile anche grazie Forum) tentativo… ab