Con alcuni amici (quelli del Forum ma anche altri) mi ritrovo spesso a discutere, anche molto animatamente, sui temi della sinistra: situazioni, partiti, strategie, personaggi. Premetto che per scelta personale da quasi quarant’anni non lo faccio più da dentro un partito ma come “cane sciolto”, così si diceva ai tempi che furono, e successivamente tentando di costruirmi (faticosamente) un’identità di giornalista (io, che volevo fare il “rivoluzionario di professione”). Ciò detto, ho sempre messo “la politica al primo posto”, anche se ultimamente – forse un po’ per l’età che avanza, ma molto più probabilmente a causa della caduta della politica a livelli mai visti prima – non ho più neanche quella certezza.
Caro Dario, ma guarda che nessuno parla di rivoluzione, sappiamo benissimo che siamo nel 2013. Quello che si vorrebbe però, almeno per me è cosi, che non si nascondesse una cosa di fondo: esiste un conflitto, chiaro ed evidente, tra chi ha soldi e soprattutto possibilità di decidere della propria vita e chi non ha nè risorse, nè poteri, e sempre meno diritti. Sono anche le autorità europee e i premi Nobel che parlano delle insostenibili sperequazioni sociali. Dunque io vorrei semplicemente una forza politica che mi difendesse. Può essere il PD? Non credo che avere dentro chi è d'accordo con l'abolizione dell'articolo 18 e chi è contrario sia segno di democrazia, ma invece incapacità di prendere posizione. Io non credo che siamo nella stessa barca: c'è chi sta sulla Carnival e che sulla zattera e io per formazione e scelta sto sul barcone. Che male c'è? Dove è lo scandalo? Da che mondo è mondo ognuno difende i propri interessi. Se lo fanno i ceti dirigenti, non si capisce perchè non lo possano fare i poveracci. Tutto qui. anna
E il nostro Maran cosa è, un Kautski? Magari. E solo uno che non ha fatto un cazzo in due legislature e adesso cerca di prenderci per il culo ancora un giro
Mi inserisco in questo dibattito con l'umiltà di chi sa di non sapere abbastanza: il Sessantotto l'ho vissuto solo di seconda mano, non da protagonista, ed inoltre, a differenza di molti di voi, non ho un passato di militanza politica. Per molti anni, poi, il mio tempo e le mie energie sono state assorbite da altri impegni e cure decisamente più prosaici (lavoro, figli, casa ecc.), ed ho riservato poco spazio alla politica dei partiti ed alla politica-spettacolo, agìta principalmente negli studi televisivi, la cui unica funzione era ed è di far impennare l'indice d'ascolto (ultimo esempio ieri sera, ma io non ero, per scelta, tra quei presunti 8 milioni e passa di Italiani "incollati" davanti al televisore a beneficio della proprietà de "la 7" che, come tutti i media televisivi e non, ha offerto spazio e visibilità solamente ai soliti noti e, purtroppo, ancora una volta ad un vecchio in semidecomposizione, campione del raggiro e dello scadimento della politica a spettacolo circense). Seppure in modo non attivo, ho continuato però ad interessarmi a tutto ciò che accadeva, a livello locale, nazionale ed internazionale, leggendo, ascoltando e cercando, come molti, di farmi un'opinione. Nessuno più di me – credo – ha ben chiaro che l'esperimento del socialismo reale è stato un fallimento, avendo vissuto per nove anni in uno di quei Paesi, prima della caduta del muro, facendo i conti giorno dopo giorno, specie nei primi anni, con la limitazione di elementari libertà o della soddisfazione di bisogni che per noi "occidentali" erano la normalità (possedere un telefono o anche solo telefonare, poter acquistare un'automobile, ottenere l'assegnazione di un alloggio popolare, potersi spostare liberamente, solo per fare alcuni esempi) e verificando puntualmente che chi era organico all'apparato di partito godeva invece di privilegi e agevolazioni. Io dunque so, ma, a parte il fatto che di quel sistema varrebbe la pena recuperare almeno alcuni aspetti, senz'altro positivi, registro che nel nostro Paese questa è la regola. In tutto il mondo è in atto negli ultimi tempi una vera e propria controffensiva delle classi più abbienti, una "lotta di classe" dei super-ricchi e dei potenti arroccati in difesa dei propri privilegi e posizioni: guardate cosa sta succedendo anche in Francia, (ma spero fortemente che Hollande non molli), negli Usa e qui in Italia, (dove fino ad oggi non si è riusciti a far passare nessuna seria misura di redistribuzione del reddito e del peso fiscale, né di lotta all'evasione fiscale stessa – se non con provvedimenti ridicoli e di facciata – né di riduzione dei vergognosi privilegi degli appartenenti alle varie caste, né tanto meno di adeguamento degli stipendi dei lavoratori a livelli degni di un Paese civile). I privilegiati, nel sistema capitalista come in quello socialista, si tengono ben strette le loro fortune ed il loro potere e li difendono contro tutto e contro tutti, ma la gente comune, le persone perbene, la gran massa dei disgraziati che trascinano una vita di fatica e stenti e magari non credono in una ricompensa nell'Aldilà, chi li difende? Davvero vi sembra che parlare di lotta di classe sia storicamente fuori luogo e "datato"? I mutamenti intervenuti negli ultimi decenni sono andati e continuano ad andare in direzione opposta a quella di un mondo giusto, equo, solidale, pacifico, non vedo il coraggio di un vero cambiamento nella politica attuale e, purtroppo, devo ammettere che gli eletti del M5S sono gli unici in questo momento a dare almeno qualche segnale di radicale diversità (vedi la restituzione del 75% dell'indennità spettante agli eletti nel Consiglio Regionale della Sicilia per istituire un fondo e avviare iniziative di microcredito a favore delle piccole imprese del territorio, per dirne una): gli altri dove stanno? Anna V.
Capisco lo scoramento di Dario Stasi, la dolorosa presa d'atto del fallimento di una idea conseguente alla caduta del socialismo reale. Forse per una diversa formazione più luxemburghiana, per un approccio più movimentista che ho avuto la fortuna di condividere, ho invece tirato un sospiro di sollievo: dall'89 in poi non sarei più stato costretto nelle discussioni a difendere l'indifendibile, a difendere una realtà che non era quella che avrei desiderato costruire e che molti del '68 hanno desiderato.
Poi l'età ha fatto il resto e come molti della mia generazione "perdente" ci si è resi conto che la politica richiede una prova di maturità che comporta l'abbandono del "principio del piacere" a favore del "principio di realtà" che la politica è il riconoscimento del regno del possibile. cp
Insomma, dal marxismo alla psicanalisi.
Mi pare che ci sia una visione del principio di realtà un po' naturalistica e meccanica. Altrimenti non avremmo avuto nè Hegel,nè Freud, non solo Marx, che ne parlano in modo molto diverso. Se vogliamo aprire qualsiasi tipo di discussione anche spinosa, facciamolo pure, anche sull'URSS, sul comunismo, su Stalin e Belzebù, ma lo si faccia cercando di non dire luoghi comuni come affermare che la maturità umana sta nel piegarsi all'ordine delle cose. Senza offesa, ma mia nonna era più spregiudicata
E Maran allora è il più realista? Certo: si rende conto che nel partito che lo ha fatto diventare funzionario, sindaco della città di Grado e parlamentare, dove ha militato per anni, non c'è più ciccia e fa il salto con il prof. Prende atto e ne tira le conseguenze dovute, con il pragmatismo che ha fatto collassare il paese, privo di idee, speranze, passioni e coraggio e pieno di persone che pensano solo al bene privatissimo della loro posizione. "Il partito non è una chiesa o una famiglia" afferma il realista Maran. A sentirlo vien voglia di votare Casini e di appoggiare il cardinal Bertone.
…ma significherebbe votare per lo stesso partito scelto da Maran!
Cari amici, prima schiaritevi le idee e poi scrivete.
marcinkus
Ho preso nella mia gioventù le buone idee, quelle per gli ultimi, e ho cercato di portarle nel mio percorso politico e di vita, sinora non mi sembra di averne perso alcuna per strada, né di volermi pentire ora che l'ennesima crisi globale capitalista diventa foriera di nuovi mutamenti e quel fantasma che tutti vi affannate a esorcizzare si aggira ancora per l'Europa. Solo che per realizzarsi, necessita di ben altro, quindi di un partito che sappia fare le cose “alla grande” : sanità, scuola, strade, marciapiedi e non solo ( in russo 90 anni fa questo significava "bolscevico "), cose che servano ora alla gente (la gente che ha tenuta viva l'Italia nei sacrifici del governo armistiziale di Monti ) anche scontando dentro a sé utili contrasti, asprezze contrapposte e contraddizioni manifeste come vediamo oggi nel PD e non invece i perfezionismi di chi si attarda a distillare di nuovo fazioni e frazioni. Guardate cosa oggi accade: il radical chic Pannella che da liberale di destra sostiene in Lazio chi è già da tempo sostenuto dal mentore di Dell'Utri e Grillo che chiude il cerchio auspice dell’eliminazione di partiti e sindacati dialogando con quelli di Casa Pound. Spezziamo il velo del Tempio!!! Fraterni saluti. Anonymus de Anonymis.