Benedetto XVI ha salutato per l’ultima volta la folla in piazza San Pietro.
Domani alle 18 accadrà quello che mai ci si sarebbe aspettati, l’eutanasia – intesa come dolce fine – di un pontificato. “Il Signore mi ha indicato la via da seguire” – ha detto il Papa nell’ultimo Angelus; “il Signore mi ha guidato in questi anni” – ha detto oggi riferendosi alle ansie connesse all’accettazione dell’incarico. Quanto coincidono in questo caso la “volontà del Signore” e la più complessa “umana responsabilità”! E quanto queste parole illuminano l’angoscia di ogni essere umano chiamato a difficili scelte, in famiglia, sul lavoro, nelle attività sociali e anche pastorali: “il Signore mi indica la via” coincide sempre con la quotidiana valutazione della propria coscienza e con l’esercizio della propria libertà!
Per questo – oltre che per gli aspetti politici e teologici – il gesto autenticamente rivoluzionario lega strettamente il vecchio Papa al Ratzinger, giovane teologo del Concilio Vaticano II: si tratta di una decisione in linea con le grandi affermazioni conciliari riguardanti il primato della coscienza sulla legge e della libertà del soggetto sull’obbedienza oggettiva. Davvero nulla potrà mai essere come prima e chi sarà eletto nel prossimo Conclave dovrà declinare il tutto nelle scelte più urgenti riguardanti la Chiesa nel mondo: per esempio, centralità del Vangelo prima che del magistero ecclesiastico nell’ambito delle indicazioni teologiche e pastorali della comunità ecclesiale; ridefinizione del rapporto fra “primato” del successore di Pietro e reale collegialità episcopale; risoluzione delle questioni riguardanti la distinzione tra “clero”/”laici” e riconoscimento del sacerdozio femminile; superamento degli scandali legati alla pedofilia del clero e agli intrallazzi politico finanziari; riaffermazione del primato della coscienza in ambiti relativi al matrimonio, al celibato obbligatorio richiesto ai presbiteri di rito latino, al riconoscimento delle differenze di genere; ripresa del dialogo ecumenico con le altre confessioni cristiane e rilancio del dialogo interreligioso con le altre religioni non cristiane; confronto aperto e leale con la post e ultramodernità, revisione dei fondamenti filosofici aristotelici e tomisti sui quali si basa il pensiero cattolico “ufficiale”; riabilitazione delle teologie della liberazione latino americane e valorizzazione della dimensione planetaria interculturale dell’annuncio evangelico; rinuncia a tutti i privilegi concessi alla Chiesa nell’ambito delle legislazioni nazionali.
Insomma, tanto lavoro, ma la strada è ormai aperta…
ab
Io dò un'interpretazione diversa è più drammatica alle dimmissioni di ratzinger.
Una chiamata alle armi di fronte al relativismo e al nichilismo che ormai sono prenetrati anche a livelli alti di gerarchia.
La Chiesa è così pregna di relativismo che ormai non sà più trovare argomenti per difendere la famiglia e spiegare la necessità della socialità cristiana.
Il relativismo è un ottima scusa per non accettare le responsabilità che la vita ci impone come bambini, uomini e donne, mariti e mogli, padri e madri e infine nonno e nonna.
La chiesa non trova più il coraggio di portare avanti il messaggio del vangelo cioè: siate buoni fanciulli, buone persone, buoni genitori, buoni nonni. Non ha più il coraggio di ricordare alle persone che non è possibile essere adolescenti a 40 anni.
Infine se si fanno delle scelte di vita si devobno seguire con coerenza senza mezze misure.