Le parole del Papa, successive all’annuncio della prossima fine del suo Pontificato, indicano due possibili scenari.
Da una parte emerge un senso di stanchezza e di frustrazione, espresso dagli avverbi “fisicamente e spiritualmente”, di fronte alla situazione del mondo e soprattutto della Chiesa: circondato solo dagli aficionados nei momenti pubblici, ai margini dei flussi mediatici con i riflettori accesi solo sugli scandali di Curia o sugli evidenti errori di comunicazione, nel cuore di una comunità cattolica divisa da lotte ai limiti della zuffa fra Segreteria di Stato e Conferenza Episcopale Italiana, tradito dai più fedeli collaboratori… Ma se fosse questo l’unico motivo della sorprendente e per molti sconvolgente abdicazione, quello di Benedetto XVI – sia pur umanamente comprensibile – sarebbe un atto di “viltade” ben più grave del “gran rifiuto” di Celestino V, trascinato per i capelli sul soglio pontificio. In simili condizioni, ci vorrebbe ben più coraggio a rimanere che ad andare a nascondersi in un monastero.
Dall’altra parte emerge invece l’invito a “ritornare al vero Concilio Vaticano II”. Questa inattesa accentuazione di un tema non particolarmente frequentato dal vecchio Ratzinger, ma assai conosciuto dal giovane Ratzinger, può rivelare il desiderio che si riaprano porte che sembravano definitivamente sprangate. La strada indicata finora da Benedetto XVI era quella del ritorno alla civitas medievale, sia pur temperata dall’accoglienza delle istanze del personalismo moderno: il realismo tomista, il concetto non negoziabile di natura, l’intransigenza sul ruolo autoritario della Gerarchia. Tali accenti erano sì presenti anche nel dettato del recente Concilio, ma in quel contesto erano accompagnati dall’invito a tentare l’impresa di scalare le impervie ma affascinanti pareti del dialogo con la modernità e la postmodernità, oltre che dell’accordo con gli “altri” cristianesimi, le “altre” religioni, il mondo “non credente”. Soprattutto invitavano a riconsiderare le diverse forme di servizio alla vita comunitaria, a partire proprio dal rapporto tra ruolo “petrino” (primato di giurisdizione del vescovo di Roma) e “collegialità episcopale” (corresponsabilità da parte di tutti i successori degli apostoli).
Se il vero motivo dell’abdicazione fosse questo, ci troveremmo effettivamente di fronte a un gesto di grande cuore e di acuta intelligenza: preso atto del fallimento del tentativo di “restaurazione”, il pontefice dimentica l’anacronismo e ritrova il teologo di cinquanta anni prima, desacralizza il ministero del Papa riducendolo a un importante servizio “a tempo” e indica nel “ritorno al Concilio” (cioè alla parte marginalizzata dal magistero ufficiale, ma molto approfondita dalla teologia e dalla pastorale “alla base”) la possibile Riforma della cattolicità degli anni 2000. E si fa umilmente da parte, dando oltre a tutto una lezione di stile assai rara ai nostri giorni.
In ogni caso, oltre le mura, nulla sarà più come prima.
Andrea Bellavite
Come sempre, caro Andrea, con la profondità della tua analisi e l'altissimo livello della tua preparazione e delle tue conoscenze, ci regali delle autentiche perle di cultura: anche in questo caso, laddove si parla di una materia che pochi di noi "masticano" ed alla quale io in generale dedico poca attenzione, ci offri l'opportunità di riflettere sui possibili e molteplici significati e motivazioni della scelta di un uomo non comune e sulle ripercussioni che essa potrebbe avere sul destino della Chiesa e dei credenti cattolici, ma non solo, perché la portata di questa scelta potrebbe rivelarsi epocale e rivoluzionaria anche per altre realtà istituzionali, mettendo in discussione e spezzando consolidati schemi di esercizio di autorità e di potere, spirituale e ideologico, esercitati in diversi ambiti della vita e delle relazioni umane. Sarebbe davvero una rivoluzione, soprattutto qui da noi, in Italia, dove per secoli – e ancora oggi – la vita culturale, sociale, politica, civile del Paese hanno subito l'influenza dell'immenso potere esercitato entro le sacre mura. In attesa di altre illuminanti riflessioni che ci aiutino a capire meglio, ancora grazie per il contributo. Anna V.