Proposta di aggiornamento di linguaggio: l’insieme dei rapporti intercorrenti tra persone che si riconoscono nelle diverse identità nazionali è da definire “internazionale”; i singoli progetti attuativi possono essere definiti “transfrontalieri”.
Il termine “transfrontaliero” è riferito a tutto ciò che avviene attraverso una frontiera e nella zona goriziana ha avuto un senso fino a quando il confine era “controllato” per ciò che concerne il traffico delle persone e delle merci. Nella situazione post Schengen la linea virtuale che divide due Stati esiste ovviamente ancora, ma non sottolinea più l’ambito di due entità estranee che cercano di trovare degli accordi, bensì quello di un unico territorio caratterizzato da significative differenze culturali che possono compenetrarsi a vicenda a tutti i livelli.
Molti ad esempio pensano – e affermano anche pubblicamente – che la “t” dell’acronimo Gect significhi “transfrontalieri” e non invece “gruppi territoriali”, dove la logica è proprio quella di valorizzare uno specifico ambito geo-politico caratterizzato dall’incontro tra diverse nazionalità.
Per questo sarebbe bene sostituire il termine “transfrontaliero” con “internazionale”, quando ci si riferisce a un nuovo e sostenibile percorso di rilancio del territorio goriziano: esso implica il riconoscimento dell’internazionalità, ovvero della permanente costruttiva interrelazione tra persone di nazionalità slovena e italiana che vivono da una parte o dall’altra del desueto confine fra Italia e Slovenia. E’ naturalmente da aggiungere il contributo decisivo di altre identità culturali, quella friulana come pure quella dei numerosi nuovi venuti da diverse parti del mondo, alla ricerca di pace, giustizia e lavoro.
Si tratta di questioni di lana caprina? No, il linguaggio non è mai un’astrazione, è sempre l’espressione di un “vissuto”: chi vive nel territorio goriziano partecipa a un sogno “inter-nazionale”, del quale i progetti “trans-frontalieri” altro non sono che limitate e specifiche forme di attuazione.
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