Un’alternativa non militare per l’utilizzo delle caserme goriziane? Mentre Debora Serracchiani intravvede l’interessante possibilità di spostare da Motta di Livenza le forze Nato destinate alla ricostruzione del tessuto sociale delle zone di guerra, presso la sede del Forum per Gorizia si è discusso della realtà dei Corpi Civili di Pace.
Erano presenti il Consigliere regionale e prossimo presidente della Commissione ad hoc Franco Codega, il neo Assessore alla Cultura e alla Pace di Udine, i responsabili della Tavola regionale della Pace e del Comitato Danilo Dolci, lo “storico” costruttore di pace Renato Fiorelli e i rappresentanti dell’associazione goriziana Essere Cittadini.
Si è condivisa – sia pur con accenti diversi – la necessità di proporre delle alternative sostenibili all’abbandono delle caserme goriziane, in particolare all’ormai prossima fine dell’esperienza della “Pozzuolo” in città. In particolare si è deciso di approfondire la possibilità che Gorizia diventi la città punto di riferimento nazionale per l’addestramento dei “corpi civili di pace”: si tratta di formare personale specializzato in grado di intervenire nei conflitti cercando di risolverli senza alcun utilizzo delle armi.
Non è una visione utopica di pacifisti disincarnati dalla realtà, ma l’attuazione di ciò che già da diversi anni si va sperimentando in molti Paesi europei: quello di tali forze d’intervento disarmate sarà uno dei punti qualificanti il grande Convegno Internazionale per la Pace nel Mondo che si terrà l’anno prossimo – 2014, a cent’anni dall’attentato all’Arciduca Ferdinando – proprio a Sarajevo.
Tutti si sono trovati d’accordo anche sulla necessità di affrontare con strumenti culturali adeguati l’anniversario dell’inizio della Prima Guerra Mondiale, con l’auspicio che non si tratti solo di una rievocazione quasi folkloristica, ma di una rivisitazione costruttiva di quella e di tutte le altre “inutili stragi” che continuano ancora a insanguinare il mondo.
Si è deciso per tutto ciò di organizzare un importante incontro preparatorio a livello regionale, da tenersi con ogni probabilità in settembre a Vrh (San Michele del Carso), alla presenza delle autorità politiche regionali e con la collaborazione dei circoli sloveni e italiani del territorio.
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Abbiamo attraversato le due Guerre, la guerra fredda, abbiamo dovuto convivere con l'idea deleteria di dover difendere e presidiare un confine, (che purtroppo è presente ancora oggi, come barriera culturale e linguistica). Sono ormai cento anni che le forze militari hanno annientato l'originale identità della nostra città. Un progetto sulla pace mi sembra possa restituire a Gorizia la sua naturale vocazione di luogo di incontro fra culture e realtà diverse.
La storia del nostro passato recente ci conferma che, purtroppo, ci vuole un attimo a scatenare una guerra, moltissimo tempo occorre invece per uscire dal baratro delle devastazioni fisiche e morali che le guerre si lasciano alle spalle: interi decenni per risorgere dalle macerie materiali e spirituali e ricostruire il lacerato tessuto economico, sociale e civile dei Paesi coinvolti, la vita di diverse generazioni per disinnescare il potenziale dirompente e distruttivo dell'odio alimentato da pretese di superiorità morale e culturale e dalla retorica dello scontro di civiltà, dalla contrapposizione di interessi economici e geopolitici, dalle rivendicazioni degli opposti nazionalismi, per far crescere la pianta delicata e fragile della convivenza pacifica e rispettosa delle diversità, per affermare una cultura di pace. Se è vero che, soprattutto a partire dall'ultimo decennio del secolo scorso, l'Europa ha definitivamente imboccato la via della soluzione pacifica e diplomatica delle controversie tra gli Stati membri, dotandosi di istituzioni, organi di rappresentanza e legislazione comuni, lo stesso, purtroppo, non si può dire per i conflitti che vedono contrapposti popoli dei Paesi extraeuropei nelle tante zone calde del pianeta, dove ancora oggi gli interventi armati si sovrappongono al lavoro delle diplomazie fino a sostituirsi totalmente ad esse. Molto spesso, inoltre, i conflitti che non trovano composizione sul piano diplomatico e nelle sedi internazionali a ciò deputate (ONU e suoi organismi competenti) vedono il coinvolgimento delle nazioni occidentali e delle loro forze armate nei veri e propri interventi militari – chiamiamoli col loro nome, non operazioni di peace keeping! – decisi in tali sedi. Gettare le basi concrete per l'insediamento di un centro nazionale di formazione dei corpi civili di pace nella nostra città sarebbe davvero un bel modo di commemorare il prossimo centenario: un progetto in grado di demolire gli schemi della retorica bellica e dell'epica dei contrapposti eroismi, inaugurando un'era di pace ed un nuovo corso per la storia di Gorizia. Anna V.
Ottima idea quella del ri utilizzo! Almeno una prospettiva nuova e un qualche ruolo per la nostra povera città.