Interessanti i resoconti pubblicati sui quotidiani locali, intorno alla conferenza stampa relativa alla cosiddetta “Porta d’Italia”, il discusso monumento che ha sostituito la precedente “rotonda di Sant’Andrea”.
Isonzo Soča ha opportunamente invitato sindaco, esperti e operatori dell’informazione a comunicare “il punto” sui lavori e a confrontarsi con alcune proposte, dall’alto valore simbolico. Apprezzando alquanto le idee e ringraziando Dario Stasi e la redazione della rivista, ci si permette in questo contesto solo di aggiungere qualche tassello.
a) Gli Archi. D’accordo sul fatto che – piaccia (a molti) o non piaccia (a molti altri) – il monumento esiste e auspicabilmente continuerà a esistere. La domanda è: chi lo ha deciso? E sulla base di quali criteri? E’ chiaro che un artista propone secondo la propria ispirazione, ma la responsabilità di una scelta del genere – in relazione a un elemento così evidente in un ambito di grande importanza storica e culturale – non può essere limitata agli amministratori del momento. Non è giusto che i cittadini, italiani ma anche sloveni, si accorgano solo la notte dello spettacolare collocamento, del manufatto che li dovrebbe rappresentare.
b) Il nome del monumento. Difficilmente si cambierà “Porta d’Italia”, il sindaco ha ragione quando sostiene che “Porta d’Europa” avrebbe penalizzato la Slovenia, meno quando ritiene che in tale dizione non ci siano inflessioni nazionalistiche. Molto meglio “Porta di Gorizia”, come proposto da Stasi: sarebbe un ottimo modo per far sapere ai milioni di persone in transito almeno il nome della zona attraversata. Se poi si valorizzasse meglio l’area di sosta con opportuni richiami all’importanza storica e paesaggistica del territorio si potrebbe invogliare a una più o meno consistente visita. E se fosse “Ponte di Gorizia/Goriški Most”? Si richiamerebbe così il valore di un ponte su cui ci si incontra piuttosto che di una porta che introduce da un mondo a un altro…
c) Il nome dell’Autostrada. Ha ottenuto maggiore accordo la proposta di intitolare l’A34 “Via Gemina”, richiamandosi al (discusso) antico tracciato della strada romana che conduceva da Aquileia a Ljubljana. Interessante e condivisibile: per una dilatazione del nome anche all’autostrada fino a Razdrto e Ljubljana sarà necessario coinvolgere gli storici sloveni e parlarne insieme su un tavolo comune. Ci potrebbero essere discussioni sul tracciato – da Ajdovščina in poi è possibile ricostruire con una certa precisione l’antica “via” attraverso il vallo di Hrušica (Ad Pirum); oppure sul valore simbolico di un nome legato comunque ai tempi dell’imperialismo romano. Comunque sia, una serena discussione tra persone competenti potrebbe permettere di portare a casa un importante risultato: la condivisione del nome e la conseguente sottolineatura dell’unità progettuale legata alla costruzione del raccordo autostradale.
Il quale, in mancanza di approfondimento delle proposte di Isonzo Soča, rischierebbe di essere chiamato semplicemente “raccordo Villesse-Razdrto” o “raccordo Villesse-Ljubljana”. E Gorizia risulterebbe poco più che un’area di servizio!
Andrea Bellavite
Bella l'idea del nome di via Gemina per la A34. E' un modo per ricordare un passato che ha poco a che vedere con la recente storia di divisioni e confini. Riguardo alla rotonda a me quello non sembra un monumento ma solo una rotonda con dei megalomani archi in ferro. Non mi sembra meriti un nome, salvo che essere definita in modo generico come "rotonda di Gorizia".
Piuttosto mi preoccupa il destino dei ciclisti e dei pedoni che la devono attraversare (sul Piccolo di sabato è stato presentato il progetto, non si capisce molto, ma mi pare un labirintico percorso pieno di salite e discese, fatto apposta per spossare chi si muove usando la forza delle proprie gambe).
dc
Concordo con D.C. e mi permetto una sintesi: meno ciacole e più fritole!
il bianco si vede poco, il verde per niente…e chiamarli PONTI ROSSI GORIZIANI?