Come al solito, la prima sensazione che si prova davanti alla crescita della tensione tra Ucraina e Russia, è quella dell’impotenza. Nell’era della comunicazione globale, è sempre più difficile capire quali sono i reali valori in gioco, acquisire un’adeguata informazione e di conseguenza prendere una posizione.
Nello specifico, Yanucovich viene defenestrato dalle manifestazioni di piazza represse nel sangue e dall’immediato appoggio dei governanti dell’Unione europea alla nuova dirigenza. Bene, ma che cosa sia accaduto realmente in piazza Maidan a Kiev, quali siano i “numeri” della repressione e chi abbia organizzato le proteste (certa la presenza di gruppi neo-nazisti) non è dato di saperlo.
Così come è difficile districarsi nel cosiddetto (ma di fatto inesistente) diritto internazionale: la “rivoluzione” di piazza Maidan è sostenuta in base al principio di autodeterminazione, mentre si nega il diritto all’indipendenza della Crimea sulla base dell’opposto principio di integrità territoriale dell’Ucraina. Evidenti i due pesi e le due misure che caratterizzano la politica dell’Unione, alla quale sembrano interessare maggiormente le questioni legate alle condotte del gas che la tutela dei diritti umani, nell’Ucraina di Yanucovich come nella Russia di Putin, il “grande amico” di una nota personalità politica italiana.
In questa situazione di non-conoscenza non resta che associarsi ai più, i quali altro non possono fare se non incrociare le dita, con Renzi e Mogherini che auspicano “che Putin sia responsabile e non usi la forza” e che “si trovi una soluzione politica”. Oppure pregare con papa Francesco che invoca “dialogo e concordia”. Amen
ab
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