In questi giorni del 1828, morì in esilio Francisco Goya. Perseguitato dalla Santa Inquisizione, se ne scappò in Francia. IL PITTORE DELLE PITTURE NERE. Non lo conoscevo quando, 25 anni fa, girovagavo con la mia vecchia auto nei dintorni di Madrid. All’improvviso l’auto decise di fare una sosta per farsi una fumata. Parcheggiai nei pressi di un fiume, il Manzanarre, vicino a Perales del Río dove visitai i bunker costruiti durante la guerra civile spagnola. Quello che non sapevo era che lì era vissuto un grande pittore, Goya. Prima di morire Goya pare abbia pronunciato parole incomprensibili sulla sua amata casa. Là era rimasto il meglio di lui, sulle mura delle pareti. Dopo la sua morte la casa fu venduta e rivenduta più volte, e con essa i famosi dipinti che, poi, furono staccati dalla pareti. Nessuno si mostrò interessato a guardarli e tanto meno a comprare quelle feroci profezie del secolo successivo, dove il dolore uccideva il colore e mostrava l’orrore in tutta la sua efferatezza. Neanche il museo del Prado era interessato, li accettò solo quando furono donati. Le cosiddette “Pitture Nere” ora si trovano nelle sale più visitate al mondo. “Le dipingo per me” aveva detto Goya. Non sapeva che le stava dipingendo per noi. Non dimenticherò mai due dei suoi dipinti, il “Viejos comiendo sopa” e il “”Saturno che divora i suoi figli”. Ambedue simbolici del secolo XX.
vd
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