L’annunciata soppressione del cosiddetto Punto Nascita di Gorizia ha suscitato un’ondata di proteste tra i comitati e tra i gruppi partitici della Città. Al di là dell’ordinario “tutti contro tutti” che caratterizza questo tipo di vicende, restano irrisolte tante domande.
Ad esempio, il motivo “ufficiale” della cancellazione sarebbe la mancata sicurezza delle donne e dei nascituri in una struttura dove si verifica un numero di parti troppo esiguo. Dunque: se il dato ha un fondamento scientifico, che senso ha contestare una decisione che va nella direzione della salvaguardia della salute degli interessati? Se non lo ha, quali prove scientifiche vengono presentate per controbattere e in questo caso sbugiardare chi afferma di preoccuparsi del maggior bene delle persone?
Se poi la questione è finanziaria – difficilmente si può negare il costo per la collettività di un servizio che si attiva mediamente meno di una volta al giorno – non sarebbe forse urgente un investimento sui servizi territoriali, finalizzati a migliorare la qualità della vita di molte migliaia di cittadini, afflitti da mali incurabili o comunque da malattie legate all’età? Un anziano non più autosufficiente sta diventando un lusso che poche famiglie si possono permettere, tenuto conto anche della “crisi” delle strutture d’accoglienza comunali (vedi Culot…). Dunque: d’accordo con la critica ai “doppioni” udinesi e triestini, ma quella del Punto Nascita è davvero la “linea del Piave” della sanità goriziana?
C’è poi il punto di vista para-etico, sostenuto a suo tempo da Romoli che rivendicava a chi viene al mondo il diritto di nascere in Italia e adesso da Del Sordi, il quale ricorda che “dopo un millennio, per la prima volta i bambini non nasceranno più a Gorizia”. Se è per questo, da circa cinquant’anni non nascono più a Gradisca, a Cormons, a Grado… Cioè da quando le esigenze della società hanno portata alla medicalizzazione del parto. Non è forse un po’ debole come argomentazione, nel momento in cui le esigenze della società richiedono nuove e diverse soluzioni?
Infine la collaborazione transfrontaliera, che quando fa comodo viene cavalcata con convinzione perfino dalla destra più destra, che nel recente passato è arrivata fino a promettere ai goriziani che “chi nasce in Slovenia può essere registrato all’anagrafe come nato in Italia”(!!!). “E’ stato vilipeso il lavoro a testa bassa del Gect”, tuona il Sindaco. Parafrasando il premier, “Gect chi?” Concretamente, cosa è nato finora dal Gect, al di là dei frequenti richiami sui quotidiani e della solenne inaugurazione della sede? Sono passati più di quattro anni dalla sua istituzione, quelli che sono stati sufficienti al Gect ispano-francese per realizzare – dal progetto all’inaugurazione – non un reparto, ma un intero ospedale, tra i più rinomati d’Europa… Non è un po’ tardivo appellarsi a un Gect che a quanto risulta non ha ancora presentato agli organi competenti alcun progetto da finanziare?
Insomma, ecco qualche interrogativo controcorrente. Senza risposta a queste domande, sembra difficile schierarsi senza se e senza ma. E soprattutto, sembra difficile che si possa ottenere qualche risultato.
Andrea Bellavite
però se battiamo l'Uruguay celebreremo la ri-nascita della nazionale…
Qualche mese fa l'assessore Romano ha diffuso i dati dell'azienda sanitaria da cui risulta che il tasso di incidenti nel momento del parto (con danni alla mamma o al bambino) nel punto nascita di Gorizia è tra i più bassi rispetto ai (molti) punti nascita della regione. Non se ne può trarre una generalizzazione scientifica, trattandosi solo di un dato di fatto. Comunque fa pensare…
COndivido. Più che altro sarebbe stata una buona occasione per porsi il problema di un tasso demografico tra i piu bassi al mondo.
Beh, dai, nulla di male… bisogna risparmiare e risparmio sarà, di questi tempi.
Poi, se qualcuno non vuol andare a nascere in Slovenia, andrà a Monfy (Monfalcone), capitale morale ed economica della Provincia…!
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