Uberto Pasolini ha scritto e diretto il film Still Life, recente vincitore del premio Amidei.
E’ un’opera straordinaria, il cui tema fondamentale è la solitudine, raccontata con diversi linguaggi, da quello tragico a quello delicatamente comico, da quello istituzionale a quello esistenziale.
Tutti i personaggi raccontati sono essenzialmente soli e sono costretti a confrontarsi, per professione o per necessità, con il mistero che svela clamorosamente l’essenziale verità: quando si muore si è soli, anche quando la memoria è addolcita dalla presenza delle persone care o dalle parole di circostanza di chi si fa carico di rappresentare l’intera umanità nel momento dell’ultimo saluto.
La solitudine di fronte alla morte evidenzia la solitudine di fronte alla vita, dove la vicenda del protagonista, buffo antieroe aggrappato alle ordinarie ritualità del single non sembra avere meno senso di quella di chi sembra pienamente realizzato, nella famiglia o nella professione. Anzi, se qualche sprazzo di speranza fa capolino nello sguardo sempre malinconico dell’autore, esso deriva dalla coscienza di chi non ha più nulla da perdere. Un po’ come accade in Dostoevskij, è proprio dove meno ce lo si può aspettare che si incontrano gli angeli ed è proprio nella loro capacità di trasgredire l’ordine delle cose che l’uomo può riscoprire – almeno in parte – un barlume della sua autentica dignità.
In fondo in fondo, Pasolini ci invita a riflettere e a pensare che la cosiddetta “realizzazione” di sé altro non è che una grottesca maschera che impedisce la contemplazione della parte più vera di noi, quella che si lascia scalfire – almeno per un istante – dal fascino inevitabilmente trasformante della relazione con l’altro. Frammenti di consapevolezza che sono come le prime forme monocellulari: non sono paragonabili alla complessità degli organismi, ma la loro esistenza è la condizione sine qua non, affinché la Vita possa trionfare. Inizia la metamorfosi che può portare la persona dalla necessità imposta dal Dovere alla libertà intuita (e irraggiungibile se non oltre la solitudine della morte) nell’Amore.
In conclusione, tutto questo sproloquio solo per raccomandarvi: non perdete Still Life!
Andrea Bellavite
Grande film: commovente, amaro, finale magico. Per fortuna, verrebbe da dire, non ci sono solo i vivi, egoisti e smemorati quando non servi più. GM