La questione sembra essere legata alla divisione dell’Iraq in tre parti, prevista dopo l’intervento militare della coalizione occidentale che ha messo fine al regime (e alla vita) di Saddam Hussein. Quello che gli iracheni non hanno voluto, ritenendo che la disgregazione del Paese non avrebbe favorito la pacificazione, si sta per realizzare attraverso l’azione terroristica dei guerriglieri del cosiddetto “califfato islamico”. Se gli Stati Uniti sono riusciti a coalizzare un gruppo assai eterogeneo di alleati, anche nei Paesi musulmani, è logico che il rafforzamento delle diverse compagini anti-Isis richiederà l’accoglienza delle istanze che da decenni sono portate avanti dai curdi e da altre popolazioni del territorio. Quale l’esito probabile? Dando per scontato la sconfitta del “califfato”, si raggiungerà l’obiettivo iniziale, ovvero la divisione dell’Iraq in tre parti, quella Nord affidata ai curdi, alla ricerca da sempre di una propria terra. Tenendo presente che essi abitano attualmente in quattro stati (Turchia, Iran, Siria e Iraq), la realizzazione del loro sogno da una parte corrisponderà agli interessi occidentali del “divide et impera”, dall’altra richiederà enormi sforzi diplomatici per evitare che l’area di riferimento diventi ancor più instabile di quanto lo è adesso. A rimetterci ovviamente è sempre la povera gente, costretta a subire angherie da tutte le parti e – per quanto possibile – a fuggire alla ricerca di luoghi dove trovare serenità e pace. In Europa, per esempio, dove ovviamente c’è da attendersi un enorme numero di profughi alla ricerca di un futuro migliore.
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