Si è aperto ieri il Sinodo sulla famiglia. Le parole, gli atteggiamenti e i gesti di papa Bergoglio hanno consentito a un evento di solito riservato agli addetti ai lavori, di “bucare lo schermo” e di raggiungere le prime pagine dei giornali del mondo.
Il tema è particolarmente complesso e il presidente dei Vescovi italiani ha già messo le mani avanti: “non si tratta di decidere se i divorziati risposati potranno accedere o meno alla comunione sacramentale, bensì di trattare con profondità il ruolo della famiglia – anche quella in difficoltà – nella Chiesa e nella società”.
Per il bene della stessa comunità ecclesiale, c’è da augurarsi che il suo punto di vista venga smentito dai fatti: se infatti il Sinodo dovesse trasformarsi in una disanima della situazione della “famiglia” oggi nel mondo, non raggiungerebbe alcun risultato interessante. La composizione del consesso – per ciò che concerne i “votanti” e non i consulenti – è al 100% riservata a persone che non hanno una famiglia e anche il parterre degli invitati non è inevitabilmente rappresentativo delle mille dinamiche che si agitano in seno alla società.
Quindi, checché ne dica Bagnasco, l’interesse che il Sinodo suscita negli osservatori è quello canonico normativo: sarà rimosso il “divieto” di fatto non osservato dalla grande maggioranza degli interessati (preti e coppie sposate risposate)? Quale posizione di fronte alla richiesta della sacramentalizzazione delle unioni omosessuali? Come “leggere” l’e questioni riguardanti l'”inizio” della vita? E se su queste ultime problematiche difficilmente si può prevedere un andare al di là dell’enunciazione del tema, la molto più immediata discussione e decisione sul riconoscimento sacramentale delle seconde nozze e sull’accesso ai sacramenti dei divorziati risposati, potrebbe tra l’altro illuminare i profondi obiettivi della Chiesa ai tempi di papa Francesco: si darà concretezza all’affermazione secondo la quale l’obbedienza alla “Regola” non può prescindere dalla ricerca della “relazione”? In altre parole, la carità come fondamento della verità e non viceversa.
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Interessante. La carità come fondamento della verità. Nulla di più anticristiano, naturalmente. Diciamo che è una frase che riassume a perfezione il messaggio de "l'anticristo" di Benson.
Oggi più di ogni altra epoca storica, invece, la Chiesa ha il dovere di affermare la Verità, una ed eterna. Solo così potrà tornare ad essere realmente attrattiva per i giovani, ponendo e proponendo un modello positivo, gioioso ed assoluto di vita e di famiglia. Di progressisti ce ne sono già a sufficienza senza che i Cattolici si mettano pateticamente ad inseguire.
Sperando che ciò sia gradito, propongo all'anonimo delle 16.01 la lettura – meglio in originale greco che nell'ordinaria traduzione, alla quale si deve la traduzione della parola "agape" con il vocabolo italiano "carità" – di 1Cor.13 oppure di 1Gv.4,17. Tali testi rendono del tutto fuori luogo la citazione del "padrone del mondo" di Benson. Anzi, quale citazione? Ho letto quel bel libro parecchi anni fa e non mi ricordo di aver trovato un simile riferimento.
Ma i giovani oggi sono già attratti con verità uniche ed eterne dalla destra. Il criterio di essere attrattivi non è sufficiente! No basta soddisfare il loro protagonismo con qualunque bandiera o messaggio in grado di garantirgli visibilità. Stiamo attenti verso quei cattolici che non vedono l'ora di approfittare del paravento costituito dalla chiesa per riaffermare surrettiziamente il loro malcelato scontento per la svolta di papa Francesco.