Nel 1963 i ragazzi che frequentavano la Scuola di Barbiana avevano scritto nella “Lettera a una professoressa”: La scuola ha un problema solo. I ragazzi che perde. La vostra scuola dell’obbligo ne perde per strada 462.000 ogni anno. A questo punto gli unici incompetenti di scuola siete voi che li perdete e non tornate a cercarli. Non noi che li troviamo nei campi e nelle fabbriche e li conosciamo da vicino…”
Oggi la situazione è cambiata, la scuola non è certo più quella di cinquanta anni fa, eppure sono ancora oltre 260.000 i ragazzini che in Italia si guadagnano da vivere, tra i 7 e il 15 anni. Così una ricerca commissionata da Save the children, i cui risultati sono stati presentati nel 2014: E’ indispensabile intervenire sulla dispersione scolastica, che in Italia è altissima. La scuola viene vissuta come un ostacolo e non come un alleato nella formazione. La storia di questi ragazzi parte dalla disaffezione alla scuola, una scuola nella quale non si sentono accolti. La loro è un’esperienza lavorativa distruttiva e non professionalizzante, che diventa una porta d’ingresso alla criminalità…
Se poi si alza lo sguardo e lo si fissa sul lavoro minorile nel mondo, i numeri diventano da capogiro: un rapporto Unicef 2014 afferma che sono più di 150 milioni i bambini intrappolati in impieghi che mettono a rischio la loro salute mentale e fisica e li condannano a una vita senza svago e senza istruzione. 74 milioni sono impiegati in lavori pericolosi, in miniera, con sostanze chimiche e pesticidi, con macchinari pericolosi…
Che farebbe don Milani in questa situazione? Dove andrebbe a cercare i “suoi” ragazzi?
Certamente nel mondo di una nuova povertà che va avanzando, nel rischio della ri-creazione di un classismo in grado di dividere ancora la casta dei ricchi e quella dei poveri: nella scuola, nella sanità, nelle infrastrutture, nell’assistenza sociale, sempre più svincolate dalla loro essenza “pubblica” e ricondotte alla sfera del “privato”, più o meno se-dicente “sociale.
Lavoro minorile, ai tempi di don Milani e oggi
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invece di pensare a questo, a cosa insegnare, a come tenere i poveracci si pensa alla buona scuola di renzi, con un anno di meno, con il merito deciso dai dirigenti, senza i commiossari esterni per la matura.