Finalmente si è capito di chi è la responsabilità della paralisi dei lavori pubblici in Gorizia: la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici. Così è detto esplicitamente dagli amministratori comunali nell’interessante odierna pagina de Il Piccolo dedicata all’ex deposito dei tram, al cinema Stella Matutina, alla casa d’angolo di via Morelli e naturalmente agli ascensori al Castello. Insomma si è nel vivo di una grande battaglia, da una parte ci sono i “buoni” che per il bene della città vogliono rispettivamente rifare, demolire, demolire e costruire; dall’altra i “cattivi” (o “la” cattiva) che vogliono invece riprogettare, conservare, riqualificare, salvaguardare. Il risultato della tenzone è sotto gli occhi di tutti, una desolante assenza di idee progettuali supportata da una burocrazia a volte davvero imbarazzante.
Ma è davvero tutta colpa della Soprintendenza? Ed è corretto nascondere le proprie responsabilità dietro a un pericoloso scontro istituzionale nel quale i politici accusano di immobilismo i tecnici che nella logica del sistema dovrebbero garantire la correttezza dell’operare? E’ davvero giusto alimentare la percezione di uno Stato nemico contro il quale l’Ente locale deve combattere in tutti i modi per difendere i propri diritti?
Certo, se il livello del dibattito è quello che porta a definire con supponenza “muretto” un reperto archeologico che testimonia l’inizio della storia di una città, non c’è da nutrire molta fiducia: è ben comprensibile lo stupore di amministratori poco avvezzi alla ricerca scientifica, di fronte a un ovvio stop ai lavori per gli ascensori al castello imposto da chi ritiene che la salvaguardia della storia di Gorizia sia più importante di uno scempio architettonico e paesaggistico. Uno stop del resto che anche un bambino avrebbe potuto prevedere, dal momento che l’orribile traccia di cemento è stata gettata – evidentemente senza un adeguato saggio archeologico previo – sul luogo da sempre documentato come il più antico dell’intero territorio.
Invece di prendersela con chi ha la responsabilità della tutela, gli amministratori imparino la nobile arte dell’autocritica e muniti di competenza e pazienza si siedano al tavolo delle decisioni con un unico scopo dichiarato e perseguito: la realizzazione del bene comune e la salvaguardia dei beni comuni.
ab
Non sanno con chi prendersela per giustificare un quinquennio disastroso, segnato da perdite su tutti i fronti. Purtroppo c'è da dire che l'opposizione si è mossa molto poco nel suo complesso, tranne lodevoli ma scarse eccezioni:la questione ascensore è stata fatta cadere, la questione dei lavori pubblici pure, per l'emigrazione silenzio per troppo tempo, sulla cultura non si è nemmeno riusciti a far dimettere romoli. L'auspicio per il 2015 è che invece di posizionarsi con liste e listoni si sia più incisivi verso una giunta inerte.
In questi giorni la mostra “Il secolo lungo” di Isonzo-Soca racconta la storia di Gorizia.
Le foto della Collina del Castello, della Stella Mattutina, del Deposito dei tram e della Casa di via Morelli avrebbero potuto tranquillamente essere inserite nell'itinerario della mostra perché sono segni che fanno parte del patrimonio della città, cioè di quell'insieme di elementi architettonici, storici, naturali, ambientali, paesaggistici, sociali, che sono bene comune di tutti.
Sono segni che raccontano cos'è stata e cos'è oggi Gorizia. Segni che la comunità stessa ha scelto per tramandare alle future generazioni la sua storia, la sua cultura e il suo paesaggio.
Oggi il Comune – ma anche tutte le ultime amministrazioni – smantella questo patrimonio, lo tratta come fosse una merce a sua disposizione, pronto ad essere trasformato, demolito, venduto.
La Soprintendenza fa bene a volerlo conservare perché è proprio questo straordinario patrimonio a qualificarci ad un rango – a me pare del tutto immeritato – di città civile.
PS
Bravo PS!