Continuando la riflessione avviata da Anna Di Gianantonio nel precedente post, mancano pochi giorni all’inaugurazione della mostra sul Novecento Goriziano nella prestigiosa sede del Senato della Repubblica.
“Il secolo lungo” racconta – attraverso fotografie, testi, carte geografiche, reperti storici – la vicenda di un territorio che all’inizio del ‘900 era austroungarico e in poco più di 80 anni ha assistito a una lunga serie di trasformazioni a volte drammatiche, a volte pacifiche. L’inedito metodo incentrato sulla collaborazione tra il periodico Isonzo Soča e il Comune di Gorizia ha consentito di raggiungere tanti obiettivi. Se negli anni passati si è lentamente passati dalla contrapposizione al tentativo di individuare una “memoria condivisa”, questa esposizione – sulla linea del lavoro svolto dalla commissione mista di storici all’inizio degli anni Duemila – inaugura un modo nuovo di concepire il rapporto con il passato: le “memorie giustapposte”, si potrebbe dire, offrendo al visitatore la possibilità di confrontarsi sui diversi, spesso inconciliabili punti di vista. In questo modo ciascuno può almeno rendersi conto delle “ragioni” dell’altro, senza per questo venire meno alle proprie convinzioni.
D’altra parte, soltanto in questo modo – rispettando, anche se non necessariamente condividendo, la storia vista con gli occhi dell’altro – diventa possibile trasformare il passato in straordinaria opportunità piuttosto che sterile denuncia delle colpe altrui e rivendicazione dei propri meriti. Un plauso grande va dunque agli organizzatori, in particolare al tenace Dario Stasi che a Roma non vedrà coronato un sogno, ma l’inizio di un nuovo percorso, in buona parte ancora da scoprire e costruire insieme.
C’è chi ha sollevato dubbi sulle “assenze di menzione” nella rievocazione del secondo dopoguerra (tra l’altro ammettendo candidamente di “non aver visto la mostra” e non aver partecipato alle intense visite guidate dalla professoressa Di Gianantonio dopo Natale, quando era esposta al Museo di santa Chiara), altri hanno proposto altri modi di affrontare il tema. Tutto bene, è un altro obiettivo raggiunto, quello di “far parlare” finalmente del Novecento Goriziano.
Tuttavia in questo momento dovrebbe prevalere l’orgoglio di portare a Roma i segni della storia, senza con questo togliere il gusto di individuare altri aspetti che si potrebbero aggiungere a quella che non si presenta come un’esposizione definitiva e compiuta, piuttosto come un “lavoro in progresso” dove ogni persona competente potrà aggiungere il proprio contributo di idee e di visione del mondo. Questo non è il momento della polemica, ma della gratitudine, nei confronti di chi – spesso affrontando e superando incomprensioni, critiche, legittime perplessità – ci ha creduto fino in fondo!
Andrea Bellavite
Progetto abbastanza "furbo" e comunque in linea con l'ondata di revisionismo storico di matrice nazionalista imperante. La mostra propone in maniera faziosa la solita rappresentazione degli jugoslavi cattivi e dei poveri italiani vittime. Vi consiglio la lettura di questo bell' articolo di Marco Barone: http://xcolpevolex.blogspot.it/2015/04/gorizia-il-secolo-lungo-e-la-solita.html