Timbuktu. E’ il nome della capitale del Mali, un luogo che evoca il deserto, il Sahara, anche il senso del mistero e dell’assoluta distanza.
Ma è anche il titolo di un bellissimo film del regista africano Sissako, nel quale tale “percepita” distanza viene annullata dall’irrompere delle problematiche più attuali del mondo globalizzato. C’è un Islam che consente alle persone di vivere in una profonda pace: un imam “tradizionale” spiega come Dio desideri l’armonia del cosmo e la relazione simpatetica tra tutto ciò che esiste; una famiglia di abitanti delle tende nel deserto cerca di portare avanti nella serenità l’avventura della quotidianità, devastata peraltro dal sempre incombente imprevisto che dimostra – come dice il Profeta – che “nessun uomo può sfuggire al suo destino”.
In questa prospettiva religiosa irrompono le camionette contrassegnate dalla bandiera nera dell’integralismo. Con un’analisi attenta e rigorosa, priva di derive caricaturali o indebiti giudizi, il regista nota lo sconvolgimento di abitudini secolari portato dai “nuovi venuti”, dalla Libia e da altrove. Preso il potere, fanno piovere sulla povera gente ogni sorta di divieto e ingiunzione, punendo con ferocia qualsiasi trasgressione: non si può ascoltare musica, divertirsi, neppure giocare al pallone e le donne devono portare costantemente il corpo coperto, anche i guanti e perfino in casa.
Più che una fiction il film è un documentario che aiuta a comprendere, più di molti saggi e articoli di giornale, la sobria bellezza di una religione come l’Islam e la minaccia dell’integralismo che in nome degli stessi testi sacri mette in discussione – oltre alla vita di tanti esseri umani – la stessa autentica interpretazione del Corano.
Un film da non perdere, quindi, sia per il profondo messaggio che per la meravigliosa fotografia: i paesaggi straordinari si alternano a scene di forte impatto e originalità: perfino una poetica partita di calcio giocata senza pallone diventa silenziosa protesta contro la violenza e il sopruso di chi “in nome di Dio” vuole cancellare la dignità della persona.
ab
Film ricco di poesia indubbiamente ma…la capitale del Mali è Bamako!
Giusto, chiedo scusa… E dire che ci sono anche stato, a Bamako! Mi ha preso la mano l'ammirazione per il film e la bellezza dell'antica città, che comunque in passato fu capitale di una enorme sultanato…