L’edizione 2015 di E’ Storia è stata caratterizzata da molte “novità”. Prima di tutto è indispensabile sottolineare la presenza di ospiti illustri, primo fra tutti Zygmunt Bauman e di contenuti originali e impegnativi, tra i quali il genocidio degli armeni, la rivisitazione della vicenda del milite ignoto e la memoria “scientifica” dello storico gradiscano William Klinger.
In secondo luogo il festival ha incrociato nella sua giornata centrale un intrico di cortei che un osservatore capitato per caso avrebbe potuto pensare inseriti nel programma ufficiale della manifestazione, dedicata ai “Giovani”: due modi antitetici attraverso i quali due mondi di “giovani” attuali hanno voluto ricordare i cento anni dall’intervento italiano nella prima guerra mondiale, gli uni – seri, taciturni e inquadrati – “celebrando” l’epopea di un conflitto al quale l’Italia dovrebbe guardare per “risorgere, combattere e vincere”, gli altri – gioiosi, rumorosi e disordinati – contrapponendosi a tale esaltazione degli anni 15-18 e “commemorando” un’orrenda carneficina in nome di uno sforzo di pace capace di eliminare i confini e fare della Terra una casa accogliente per tutti.
In terzo luogo – ma questa è una costante che accompagna ogni evento di un certo rilievo – le polemiche per così dire “goriziane”: tra Ossola e Romoli prima e dopo la manifestazione, con l’intervista – articolata e interessante – al direttore del periodico Isonzo Soča Dario Stasi e curatore della mostra sul “Secolo lungo goriziano”, sulla pagina cittadina del quotidiano di Trieste.
Che dire?
Anzitutto che chi lavora e si impegna a certi livelli e con questi risultati non può che essere lodato: E’ Storia è uno dei pochi eventi culturali cittadini che supera i confini dell’Isonzo, portando in città studiosi e cultori della ricerca storica provenienti da diverse nazioni europee, realizzando “numeri” di presenze sorprendenti rispetto a proposte di ascolto sempre molto impegnative. Il lavoro e le risorse investite per mettere in piedi una simile iniziativa sono enormi e ben si comprende il campanello d’allarme suonato da Adriano Ossola riguardo alla possibilità di continuare uno sforzo del genere.
Si può certamente rilevare anche qualche proposta costruttiva per migliorare ulteriormente in futuro, una “macchina” così complessa non può funzionare sempre al cento per cento: la proposta del sindaco di istituire una Fondazione può essere presa in considerazione, come anche i suggerimenti di Stasi riguardo a un maggior coinvolgimento – in fase organizzativa – del mondo sloveno di Gorizia e Nova Gorica o delle altre varie realtà culturali che operano da anni nel territorio…
Sono prospettive da prendere in considerazione senza dimenticare però che senza l”idea e lo sforzo organizzativo degli Ossola il marchio E’ Storia oggi non esisterebbe e Gorizia non potrebbe beneficiare neppure di questa importante “vetrina”.
ab
Buongiorno a tutti…
Abbiamo capito che è stata un'inutile strage (BENEDETTO 15° – BENEDETTO 16° ovvero Razzinger come viene spesso chiamato con disprezzo ne assunse il nome proprio in suo onore)…
Ora però un po' di pace per i militari e i civili morti… altrimenti (parafrasando una battuta di Beppe Grillo sul Crocifisso – "Tra un po' Gesù una bella notte scenderà dalla croce la sgancerà dal chiodo, e se ne andrà da tutte le scuole e da tutti gli uffici")….,
… Da Redipuglia e da Oslavia e da tutti i cimiteri Austro ungarici ecc. presenti in Provincia di Gorizia (pare sui 180.000 circa), tutti i caduti una bella notte se ne usciranno, prenderanno ognuno una lastra di marmo da 50 kili ciascuno e smonteranno anche tutti i sacrari e are varie…
saluti a tutti – rossi bianchi verdi e neri
ma bastaaaaaaaaaa! (cito Giorgio gaber)
mauro
Si non se ne può più dei soliti slogan ripetuti milioni di volte. Contenitori vuoti, senza anima, come le mille parole delle preghiere pagane, che pensano di aggradare la divinità.
La sensazione è proprio quella, signor Mauro, anche per me…che i morti smantellino i sacrari e che se ne facciano parcheggi e ipermercati.
E poi quegli orrendi virgolettati dell' articolo, un parola si, una parola no.
I concetti vanno espressi chiaramente, senza rimandi, allusioni, misteriose sottolineature.
Un dovere di chi scrive, per il diritto di chi legge.
mah, devo dire che preferisco gli "slogan politici" (tra virgolette) a tutti quelli che sentiamo ogni momento in continuazione e che ci dicono di parcheggiare e consumare negli ipermercati
giusto! meglio morire per la patria che d'infarto in un parcheggio di macdonald
Personalmente non amo ne' gli slogan -virgolettato o no – ne' gli ipermercati.
c
Chi si accontenta di nutrirsi di slogan politici fa un favore a coloro che approfittando di tale frugalita', è ben lieto di servirli, facendosi pagare lautamente con soldi pubblici. Senza in realtà operare alcun bene comune concreto.
Il richiamo agli ipermercati era sarcastico senza virgolette. Insomma, sono i morti stessi che quasi quasilo chiedono: lasciateci riposare in pace.
"Gioiosi"?? A me è solo parsa una accozzaglia di persone senza alcun denominatore comune se non quello dell'odio verso l'Italia e verso la sua Storia. Tant'è che la maggior parte erano squadristi slavi, appoggiati dai soliti 4 collaborazionisti nostrani, quelli per cui il tricolore non va bene, ma la bandiera titina in piazza Unità d'Italia è " libertà d'espressione".
Eppure, al di là delle virgolette, mi sembrava di aver scritto un post su un altro argomento…
I vostri amici rom hanno provocato l'ennesima strage, figlia del lassismo e del buonismo di cui voi siete i portatori. Siete contenti adesso? Come fate a guardarvi in faccia la mattina? Lo capite che avete la responsabilità di questi morti?
No, abbiamo la responsabilità di vivi come te.
D'accordo,allora quando qualche italianissimo benestante figlio di papà e strafatto di coca investirà con il suo suv da 70000 euro qualche passante la responsabilità te la prenderai tu con i tuoi sodali,cosi saremo pari.Ti va bene?
L’intervento di Bellavite su èStoria del 28 scorso mi induce a scrivere qualche riflessione sull’argomento. Mi dispiace di non essere tempestivo, né sintetico. Mi affido alla pazienza di quelli del Forum: persone che stimo, anche se con loro sono d’accordo abbastanza di rado. Ammetto anche di essere uno scarso frequentatore di èStoria e delle manifestazioni consimili: sono più abituato a leggere i libri che a sentirne parlare. Mi ha colpito l’affermazione di Adriano Ossola, di cui riconosco la grande passione e le capacità organizzative, nella sua intervista al “Piccolo”: èStoria rischia di chiudere perché 265.000 euro di contributi pubblici e semipubblici (la Fondazione Carigo) sono pochi. Pochi? Sono ormai da decenni coinvolto nella ricerca storica, all’università e fuori, e i soldi che girano ormai si sono rarefatti. Per fare un esempio, a Trieste il Dipartimento di Storia e Storia dell’Arte fino al 2010 aveva un budget annuo di 3000 euro per l’acquisto di libri. Fuori dall’università, le Deputazioni di Storia Patria di Udine e di Trieste versano in cattive condizioni, tanto da essere al limite della sopravvivenza. Si dirà: sono istituzioni vecchie e polverose, che non interessano più nessuno; entrambe però pubblicano riviste (le “Memorie Storiche Forogiuliesi” sono più che centenarie), studi, edizioni di fonti. Sono “deputato” di entrambe, come del resto Sergio Tavano: ma conosco da più tempo quella di Trieste. La Regione, ai tempi dell’assessore Antonaz, era arrivata ad assegnare alla Deputazione per la Venezia Giulia fino a 80.000 euro all’anno; la somma consentiva non solo una ricca attività editoriale, ma anche il finanziamento di varie ricerche di giovani studiosi, dall’antichità ai giorni nostri: una delle ultime assegnazioni è stata nel 2009 a Enrico Bullian, per un saggio sulle condizioni di salute degli operai nel cantiere di Monfalcone. Con gli assessori Molinaro e De Anna i contributi regionali sono bruscamente diminuiti (10-12.000 euro all’anno); con l’attuale assessore Torrenti si sono azzerati, sia per Trieste che per Udine: Torrenti, privilegia le attività teatrali e gli “eventi”. In questa situazione nel Goriziano è scomparsa la ricerca storica, almeno quella che non riguardi il Novecento, maggiormente appoggiata da finanziamenti pubblici. Fare ricerca a buon livello richiede impegno e capacità, ma anche aiuti economici. Conosco “giovani”, ossia quarantenni, bravi, muniti di dottorato, magari “professori a contratto” all’università per corsi tanto affollati quanto pochissimo retribuiti (un migliaio di euro per un intero corso semestrale: una vergogna!), che non possono continuare seriamente i loro studi. Attualmente la ricerca storica a Gorizia è per lo più limitata a pochi pensionati volonterosi e a qualche insegnante di scuola media che si occupa di temi contemporanei. I giovani (giovani veri, trentenni) sono di Nova Gorica: in Slovenia ci sono pochi festival ed “eventi”; ma la cultura mi sembra assai più rispettata. A Gorizia non ci sono istituti di ricerca storica pubblici e l’Istituto per la Storia Sociale e Religiosa se la passa male per il taglio dei contributi regionali; a Nova Gorica, a mille metri da Piazza Vittoria, ha sede lo Zgodovinski inštitut Milka Kosa, dell’Accademia delle Scienze di Lubiana, con i suoi ricercatori fissi. Certo, a Gorizia c’è èStoria, e per quattro giorni all’anno sono pieni gli alberghi, i ristoranti, i bar. Ad Adriano Ossola 265.000 euro appaiono pochi per la manifestazione che ha messo in piedi. Se fossero messe in palio 10 borse di studio di 26.500 all’anno per ricerche storiche penso che ci sarebbero tanti concorrenti da riempire, o quasi, i posti letto di Gorizia. È chiaro che sono ordini di problemi molto diversi: ma, per favore, non metteteli entrambi sotto la categoria della storia. Silvano Cavazza
Nulla di nuovo sotto il sole, anzi, sotto la pioggia che scrosciava sul festival èStoria. Nel 1766 Rodolfo Coronini scriveva da Gorizia allo studioso viennese Josef von Khell: “Per ora, vedendo andare tutto in malora e co' piedi in su, desidererei di non aver imparato altro, che di recitare il paternoster nella guisa che fanno i pappagalli”. Erano entrambi studiosi di storia e numismatica. Nel frattempo, a scapito dei giovani seriamente appassionati di ricerca, la storia diventa sempre più numismatica, ma in senso pratico. Ha vinto l'evenemenziale, anche questo è storia.
Non sono 4 giorni, sono 3 giorni all'anno, 3 giorni su 365. E se piove, come quest'anno, non funziona: è andata bene (abbastanza) solo domenica.
60.000 presenze? Non ci crede neanche Il Piccolo. Sono esagerazioni pazzesche. Facciamo un paragone semplice. Sabato c''erano 1.500 di CasaPond e 1.000 antifascisti. Ma avete visto quanta gente c'era alle due manifestazioni? Era un pienone. E quando s'è vista tutta questa gente a èStoria? Forse è meglio lasciare a un imprenditore come Ossola l'organizzazione di questo business ma andiamo piano coi soldi pubblici. Che rischi lui come rischiano tutti gli imprenditori. Se poi vuole il sostegno della città impari a rapportarsi con gli altri, come dice Stasi. Sulla moda dell'evenementiel, è quello che è. Se ci sono bravi organizzatori funziona e se no no.
Sono d'accordo su tante cose con Cavazza, a differenza sua che con il Forum non è d'accordo. Ma mi pare metta insieme due aspetti apparentemente simili, ma in realtà diversi. Da un lato c'è la crisi degli studi umanistici e storici, che, a mio avviso, è sbagliato vedere solo come crisi di finanziamenti. Cavazza conoscerà 40enni ansiosi di studiare, ma le facoltà umanistiche si stanno svuotando, sia perchè poco appetibili sul mercato del lavoro, o così si pensa, sia per una crisi interna, molto profonda, sulla quale l'università dovrebbe interrogarsi.
Il festival di Ossola appartiene ad un'altro settore che è la promozione del libro, l'editoria, lo spettacolo, la kermesse dove autori considerati vip per numero di copie vendute o passaggi da Fabio Fazio, si esibiscono. In tutte le città italiane esistono queste manifestazioni, letterarie, filosofiche, che io metterei nella categoria "spettacolo" più che in quella della riflessione.E dunque come spettacoli vanno giudicate, in termini di costi e ricavi, di biglietti venduti, giudicati come format più o meno funzionanti. E' chiaro che la riflessione sulla storia, la meditazione sul passato, la ricerca della sana divulgazione, i finanziamenti alla cultura fanno parte di un altro tipo di problema, che nel festival non si può affrontare. E che però affrontare si deve. Ricordo che anche il centro gasparini di Gradisca non ha i finanziamenti, quindi neppure il novecento mi pare indenne da rischi. adg
Se l’assessorato alla Cultura dà 136.000 euro a èStoria, li deve togliere da qualche altra parte, dato che la torta è quella, anzi diventa sempre più piccola. Vorrei precisare che non ce l’ho con Adriano Ossola o con èStoria in particolare. Il fatto è che le kermesse turistico-culturali in Italia sono diventate troppe: temo che alla fine assorbano una fetta importante dei finanziamenti destinati alla cultura, giù di per sé limitati. L’accorpamento del Ministero del turismo a quello dei Beni culturali è un indizio significativo. Fa una certa impressione che alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze l’anno scorso si raccogliessero le offerte degli utenti per rifare il tetto: non per l’acquisto di libri e riviste straniere o per il restauro dei libri alluvionati nel 1966, iniziative che ormai sono entrate nel mondo dei sogni, ma per evitare i ricorrenti allagamenti. Ho anche l’impressione che su questi eventi abbiano messo le mani agenzie e organizzazioni che offrono “pacchetti” di personaggi famosi, e non certo gratuitamente. Zygmunt Bauman, per esempio, tra aprile e maggio ha fatto il giro d’Italia, partendo dall’estremo sud (Lecce, Massafra, Matera,Taranto), passando per la Toscana, fino ad arrivare a Gorizia: complimenti per uno di novant’anni. Paolo Mieli ormai è dappertutto, come Roberto Saviano. E mi riferisco a personaggi ai quali va fatto tanto di cappello. Alla fine queste kermesse saranno come i McDonald’s, assolutamente uguali in ogni luogo. I i McDonald’s fanno dimenticare cosa significhi mangiare bene; gli “eventi” stravolgono il significato e il valore della cultura. S. Cavazza
Standig ovation! Senz'altro uno dei commenti più intelligenti che abbia mai letto su questo forum.
Perfettamente d'accordo: pacchetti di intellettuali che girano l'Italia, centri storici tutti uguali, cultura vista come merce. Perchè non si apre un periodo di riflessione su questi temi? L'occasione può essere data dalla Buona Scuola di Renzi, dai dati sul livello culturale degli italiani, dal fatto che bisogna riflettere non solo su come ma su cosa insegnare, dalle elementari all'università. Credo che se non saranno gli "operatori" a riflettere su questi problemi, gli insegnanti dovranno combattere con il preside manager, gli "accademici" con facoltà molto meno frequentate, gli editori con un pubblico che vuole solo ricette di cucina. I temi sollevati da S. Cavazza avrebbero bisogno di un luogo dove essere discussi in modo approfondito. Io il posto ce lo avrei…se vi accontentate.
Intervengo tardivamente su un argomento che mi sta particolarmente a cuore, e che potrebbe costituire oggetto di un dibattito al Forum, tra tutti quelli che sono ancora capaci di confrontarsi da sponde opposte argomentando le proprie posizioni.
Ho trovato stimolanti gli interventi di Silvano Cavazza e di adg, che vedono il problema da diversi punti di vista, tra i quali non è forse impossibile trovare un buon punto di mediazione. E’ senz’altro corretto che con i 265.000 euro spesi per il festival goriziano della storia si potrebbero finanziare una decina di borse di studio per giovani ricercatori: mi chiedo però se quei fondi verrebbero investiti proprio in ricerca dalle Amministrazioni pubbliche o private che sostengono èStoria, una volta che la manifestazione –ipotesi malaugurata per quanto mi riguarda- dovesse chiudere i battenti. Mi vien da pensare che difficilmente ciò avverrebbe, e che dunque l’alternativa tra èStoria (e iniziative consimili) e ricerca sia soltanto un arguto gioco dello spirito utile a sottolineare la cronica mancanza di investimenti che affligge da almeno un ventennio la nostra Scuola e l’Università.
Il declino degli studi umanistici è ormai un dato di fatto di portata europea, complice una politica poco attenta a questo settore –sentito come un lusso che non ci possiamo più permettere, in nome di un pensiero unico economicista e di un sentire comune che punta al beneficio immediato, bollando come improduttivo lo studio del passato e di qualunque disciplina che appaia “fine a se stessa” (probabilmente anche la matematica pura e la fisica potrebbero entrare nel novero: non ho dati statistici precisi in merito, solo le impressioni ricavate dalle iscrizioni all’Università degli studenti del liceo dove insegno).
I diversi festival che sono parenti di èStoria (penso a Pordenonelegge, alla manifestazioni di Mantova e Sarzana, solo per citarne alcuni) celano sicuramente l’insidia di diventare “eventi” di moda, che obbediscono a logiche altre rispetto a quelle della cultura, ma offrono anche una preziosa occasione perché di fronte ai cittadini si parli di letteratura, di storia, di filosofia, che sono “lenti” indispensabili attraverso cui guardare il mondo che ci circonda.
Probabilmente soltanto grazie ad una riacquisita consapevolezza dell’“utilità dell’inutile” le discipline che molti di noi amano potranno riconquistare un qualche prestigio ed un qualche interesse, provocando nella società una nuova richiesta che oggi manca e nel mondo delle Istituzioni una cura che attualmente latita.
Forse per far loro riprendere una nuova vita è necessario anche che escano dal mondo delle Accademie e delle Università dove oggi i nostri studi richiamano sempre meno adepti, con il rischio, almeno per quanto riguarda il mondo classico a me caro, di arrivare entro breve all’estinzione al di fuori di circuiti destinati a pochissimi.
Per questo sono portato a considerare èStoria assieme a tutti i suoi parenti prossimi e lontani una preziosa occasione anziché uno spreco di risorse. Mi piacerebbe che il dibattito si allargasse.
Alessio Sokol
Classici Contro Gorizia