Il Blog del Forum Gorizia
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Approvo in tutto, con un’amara riflessione: quello che non ci ha portato via la guerra, lo stiamo disperdendo noi stessi con vane operazioni di “politica della cultura”.
Alessio Stasi
Cavazza, la fasi una proposta!
E gli immigrati? Bisognerebbe obbligarli ad andare nei nostri musei, pagando. Così imparerebbero un po' della nostra storia. Almeno.
La mia amica fiorentina, renziana di ferro, quando critico il governo mi dice: “E tu cosa proponi?”. Allora capisco che è tempo di cambiar argomento e di contemplare le stelle (insieme). Fare proposte senza avere un interlocutore mi sembra un esercizio inutile. Con il mio anonimo commentatore tuttavia non ho nessuna voglia di guardare le stelle, e poi si è rivolto a me nella mia lingua materna: merita una risposta. Anche se ritengo (lasciatemi il pessimismo della ragione) che l’argomento, nonostante l’entusiasmo di Bellavite, non susciti molto interesse. La mia proposta è semplice e riprende quella di Dario Stasi, che da tempo si batte per l’istituzione di un Museo del Novecento Goriziano. Perché solo il Novecento? Gorizia ha una storia antica, che è anche storia di un’autonomia e di un’identità che non possono svanire con la soppressione della provincia. Il visitatore ha diritto di trovare un luogo che gli illustri adeguatamente la storia del territorio; anzi: ne avrebbero bisogno gli stessi Goriziani. Non so quanti conoscano la carta dello sviluppo della contea di Gorizia, 1100-1500, predisposta da un grande goriziano (era di Lienz) come Hermann Wiesflecker per il Museum der Stadt Wien. Ma si potrebbe iniziare ancora da prima, dalla via Gemina e dal Pons Sontii, esibendo finalmente le epigrafi romane dei Musei Provinciali, relegate da anni in locali inaccessibili e pericolanti. E poi non mi vergognerei di metterci riproduzioni fotografiche di documenti e di opere d’arte collocate altrove, che hanno un senso, se adeguatamente illustrate. E poi i ritratti: ce ne sono tanti per il Sette e Ottocento, del Comune e della Provincia: magari non sono dei capolavori, ma posseggono un forte significato storico. Per esempio, il ritratto di Giovanni Nepomuceno Favetti di Annibale Strata (che è anche molto bello) spiega più di un libro l’ambiente da cui ha preso forma una parte dell’irredentismo goriziano. Quanti lo conoscono? La lista potrebbe allungarsi all’infinito: e sono materiali che abbiamo in casa, pronti all’uso, ora spesso trascurati o nascosti, o utilizzati come fondali per i vestiti del Museo della Moda. Ci sono almeno due sedi adatte per questa iniziativa, Palazzo Alvarez e il complesso di Santa Chiara: entrambi in posizione centrale, grandissimi. Ci sarebbe il problema degli attuali occupanti: l’università di Udine, addirittura l’università di Lubiana, oltre a varie associazioni private: ma se queste si trovassero una sede propria certo non verrebbe meno la vocazione di studi che esse conferiscono (o dovrebbero conferire) a Gorizia. Questa nuova istituzione potrebbe diventare anche il luogo della memoria, attirando quei lasciti di privati che nel corso degli anni sono andati scomparendo: si ricordi che l’ultimo dei Coronini, ramo di San Pietro, morto poco tempo fa, ha destinato il proprio archivio a Vienna. Per concludere, nel dibattito attuale su un punto almeno bisogna dar ragione al sindaco Romoli: non ci sono musei regionali. Questo accade, che io sappia, solo in Sicilia: dove sono serviti soprattutto per grandi assunzioni clientelari di personale, lasciando andare in degrado le strutture. S. Cavazza
Ottima proposta, anche se si pensa che il S. Chiara è grande e completamente inutilizzato, oltrechè mancante di qualsiasi idea di utilizzo.
E i marò?
Perche solo il Novecento? Rispondo.
Perchè adesso è il momento del Novecento. E non intendo solo Gorizia ma il territorio del cosiddetto Goriziano con Nova Gorica, da Aquileia al Nanos. E' il momento del Novecento perchè stanno cadendo uno a uno gli sbarramenti, gli ostacoli che in questi ultimi settant'anni hanno impedito di vedere questo territorio nella sua unità. Se la stella rossa della Transalpina e tutto ciò che essa significa è venuta a Gorizia ed è andata a Roma vuol dire che è diventata storia, non più quindi oggetto di dispute infinite, di strumentalizzazione politica. E su questa strada ritengo sia importante continuare, perchè qui il Novecento ne ha da raccontare proprio tante di storie (è un unicum ha detto il presidente del Senato, su nostro suggerimento).
Ciò non vuol dire che si debba dimenticare l'altra storia di Gorizia, quella che Lei Cavazza ricorda, ma soprattutto quella precedente, secondo me completamente dimenticata: quella di Attila e di Alboino, di Teodorico, del ponte sull'Isonzo della Mainizza descritto da Erodiano, dei nove miliari della via Gemina ritrovati a Villesse qualche anno fa e di quelli nascosti nei depositi del nostri Musei provinciali.
Ad Aidussina hanno realizzato un piccolo museo raccontando la storia di un centurione romano ucciso da un brigante, storia desunta da una copia perfetta e lì esposta di una lapide originale trovata in loco – negli anni Trenta – lungo la strada romana; l'originale della lapide si trova nei depositi nascosti di Palazzo Attems. Questa è storia antica e storia del Novecento (che mi propongo di scrivere prossimamente).
Non mi dilungo oltre ma io penso soprattutto a un uso turistico della nostra storia. Che è straordinaria.
Dario Stasi