Sempre più fitto è il mistero riguardante la morte di Giulio Regeni. La serie ininterrotta di ricostruzioni offerta dalle autorità egiziane alimentano un forte pessimismo sulla possibilità di conoscere che cosa sia realmente accaduto. Per il momento restano alcune certezze.
La prima, molto triste, è che il giovane ricercatore è morto – e in un modo terribile – perché cercava di avvicinarsi alla verità su ciò che sta accadendo in Egitto e perché aveva l’obiettivo e la capacità di comunicare le sue scoperte. Non si può che annoverare il nome di Giulio tra quelli delle migliaia di giornalisti che sono stati uccisi in circostanze spesso mai chiarite, in particolare dal processo di destabilizzazione del Medio Oriente che ha caratterizzato la politica internazionale a partire dagli anni ’90.
Il secondo punto è l’atteggiamento del governo italiano, tra l’incudine di un’opinione pubblica che reclama chiarezza e gli interessi politico/economici in ballo con l’Egitto di Al-Sisi. C’è da supporre che non si vada al di là di qualche richiamo alla correttezza istituzionale, a meno che l’esplicito intervento di Obama non dia forza alla necessità di intervenire con maggiore determinazione, anche in funzione della tutela della vita di molti italiani presenti per vari motivi in Egitto.
Un terzo e non certo ultimo particolare è la straordinaria compostezza della famiglia e della comunità di Fiumicello. Dai genitori di Giulio sono state dette soltanto parole piene di dolore ma anche di profonda umanità, mentre il paese ha reagito con una fiaccolata “nella pioggia e nel silenzio”, come rimarcato efficacemente dal sindaco Ennio Scridel. Veramente notevole è stata la partecipazione di tutti i cittadini, preoccupati soprattutto di far sentire alla famiglia la solidarietà e di salvaguardarne il diritto alla privatezza, a fronte di una vera e propria invasione mediatica.
Venerdì 12 alle 14 ci saranno i funerali, celebrati nella palestra di Fiumicello. Anche a nome di tutti i partecipanti all’esperienza del Forum per Gorizia, una sentita vicinanza nel dolore e un convinto appello alla ricerca della verità.
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Il processo di destabilizzazione del medio oriente si accompagna a quello nei balcani, ai territori che componevano l'URSS, all'afghanistan e sono la conseguenza della politica usa dopo la fine della guerra fredda. Gli usa hanno dettato un nuovo ordine mondiale,con guerre e bombardamenti o con le cosiddette rivoluzioni arancione, gelsomino, ecc. Questo ha prodotto inevitabilmente una radicalizzazione dell'area, visto poi che si appoggia arabia saudita ed israele. Al sisi è un dittatore che si ritiene utile alle prossime mosse in libia. la conseguenza della dissennata politica estera americana ed europea ha prodotto un mondo invivibile, dove non si può più viaggiare nè vivere. La sinistra non ha capito molto di questo, anzi, con d'alema è stata complice sotto la bandiera dei "diritti umani".