“Il carcere deve uscire dal suo isolamento. Durante una visita alla Casa circondariale di via Barzellini, come Forum per Gorizia abbiamo lanciato una proposta: creare una struttura che coinvolga Comune, dipendenti del carcere e rappresentanti dei detenuti per favorire dei percorsi lavorativi e di reinserimento sociale per chi sta scontando una pena. Da come una comunità tratta le persone private della propria libertà si capisce il grado di civiltà della comunità stessa”. Così ha dichiarato il candidato sindaco Andrea Picco dopo una mattinata passata nel carcere goriziano in compagnia del comandante della struttura, Guido Tibaldi, e del Garante provinciale per i diritti dei detenuti, Alberto De Nadai. La proposta sopraccitata è da intendersi come un percorso da attuare indipendentemente dall’esito delle prossime elezioni. Ciò trova l’appoggio anche del comandante della casa circondariale, dato che la struttura è in una fase di apertura verso l’esterno, per evitare che chi oggi sta scontando una pena, domani possa trovarsi a scontarne una seconda all’esterno, date le enormi difficoltà di integrazione sociale comunicate dai detenuti. Don Alberto De Nadai ha osservato, in più, che la vivibilità continua a essere difficile in via Barzellini e che la ristrutturazione procede a rilento. Dal 1° di giugno nel carcere goriziano è inoltre in atto lo “sciopero del carrello”. I detenuti non stanno mangiando il cibo della mensa carceraria, anche come segno di solidarietà verso le condizioni lavorative delle guardie carcerarie. Si lamenta poi l’assenza di un supporto psicologico e la grandezza esigua delle celle. I detenuti in occasione dello sciopero hanno redatto un documento dove al primo punto si ricordano le 42 vittime che, l’anno scorso, si sono suicidate all’interno delle strutture carcerarie italiane. De Nadai e Picco hanno poi controllato che il voto per le prossime amministrative sia garantito anche per i detenuti. “La procedura è complicata, ma fattibile. Il problema rimane per chi si trova in ospedale fuori da Gorizia. In quel caso il diritto di voto viene negato perché non c’è un rappresentante della commissione elettorale che fa votare queste persone”.
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