Rimango basito quando leggo dalla stampa che la galleria di via Bombi verrà riaperta sperimentalmente al traffico, anche se in una sola direzione, che i controviali del corso già rimodernati, nonostante che nel cronoprogramma, sia indicato che all’ultimazione di ogni lotto, sia previsto il ripristino della segnaletica orizzontale e verticale della ciclabile.
E si sta creando anche confusione perché un semaforo ha ancora attiva la segnaletica per i ciclisti, dove la ciclabile è occupata. Forse è meglio che il ciclista stia sulla strada, rischiando l’apertura delle portiere o il rischio di essere “rifilato” per il sorpasso troppo stretto dell’automobilisto/a.
Rimango deluso quando vedo che le altre ciclabili versano in uno stato di abbandono o cancellate e che una fine simile sarà probabilmente destinata per quella di via Bombi.
Invece, nelle altre città la strada è quella di favorire la mobilità sostenibile, come l’uso dei mezzi pubblici, della bici e pedonalizzazione, mentre a Gorizia si rema controcorrente. Rendere una città sostenibile fa bene a tutti, alla salute, al commercio, all’ambiente, al portafoglio.
Nella recente campagna elettorale l’associazione FIAB aveva posto ai vari candidati una domanda, la n° 7, relativamente alla galleria di via Bombi:
FIAB.
Qual è il suo punto di vista su galleria Bombi? Scelga semplicemente tra le due opzioni “Rimanga ciclo-pedonale” o “Aprirla al traffico veicolare”.
Ziberna:
Credo che il sindaco non debba scegliere a pelle, ma in base ai dati. Sono però dell’avviso che le cose non devono essere considerate immutabili. La città cambia a seconda delle mutazioni economiche, storiche e culturali quindi ritengo che non sia un dogma la chiusura della galleria ma è indispensabile fare le cose seriamente. Prima di decidere è necessario uno studio per capire se vi sia necessità di ripristinare il traffico delle autovetture e se l’eventuale riapertura porterebbe effettivamente una rivitalizzazione dell’area.
Prima di decidere è necessario un studio… l’eventuale riapertura porterebbe effettivamente una rivitalizzazione dell’area. Non c’è uno studio, ma una messa in pratica: si rivitalizza con un passaggio delle automobili private?
Con l’inquinamento da rumore, dell’aria senza avere la certezza di chi passa si fermi effettivamente nei pressi di piazza della Vittoria togliendo inoltre la tranquillità del luogo per chi ormai si è abituato! Si vedono bambini che giocano, persone che si fermano a parlare: è rinato un luogo dove socializzare. Quanti locali sono nati grazie alla pedonalizzazione?
E l’accesso alla scala che porterebbe al castello che fine farà? La sistemazione alla (discutibile) piazza da ex parcheggio, come anche la ciclabile, è stata pagata con i soldi dei cittadini ed anche con fondi europei che son sempre soldi delle nostre tasche. Viene rispettata la destinazione d’uso?
Chi controllerà l’ipotizzato limite dei 20 Km/h – sopratutto di sera / notte – quando i limiti di 50 e 30 non vengono rispettati, es. via del Montesanto, via Giustiniani, ed anche il corso?
Ormai il commercio locale non è stato impoverito solo dai centri commerciali, dove all’interno si fanno chilometri a piedi (provare con un contapassi), ma anche con i negozi on line (notato l’aumento di corrieri che portano a casa i pacchi?)
La rivitalizzazione passa favorendo l’uso della bici, perché chi va in bici, oltre a non inquinare, occupa poco spazio pubblico: in uno stallo ci stanno cinque o sei bici ovvero cinque sei potenziali clienti mente un’auto porta mediamente unovirgoladue persone. Chi va in bici vede con maggior attenzione le belle vetrine dei negozi e fa la spesa con più frequenza.
I cittadini verrebbero invogliati di più ad usare la bici se la città avesse adeguate ciclabili e se queste venissero collegate alle ciclovie regionali ed internazionali, purtroppo ancora sulla carta. Ne verrebbe avvantaggiato il flusso turistico verso Gorizia (un cicloturista spende mediamente € 60,00 al giorno).
Ma una parte dei goriziani, vuole perdere anche questa opportunità. Nevio Costanzo
Riaprire al traffico la galleria Bombi è un’emerita sciocchezza che non avrà bisogno di molto tempo per palesarsi. E che non meraviglia. La piazza della Vittoria, attualmente non disegnata per il traffico sullo zoccolo centrale, sarà in preda a disordine e confusione, con parcheggi selvaggi e frecce che lampeggiano perché ci si deve fermare “un attimo”, per non parlare dell’inquinamento e di come verrà rovinata e sporcata la pietra. Un obbrobrio. Altro che “fase di profonda trasformazione” come afferma l’ineffabile sindaco, pare piuttosto un venire incontro a chi non vuol muovere il didietro senza l’automobile o deve esibire il SUV nel centro. Il resto è chiacchiera, poiché chi vuole veramente frequentare gli esercizi commerciali si muove, come si muove per affollare il Kinemax, e lascia lo spazio a chi è anziano o infermo. Quanti chilometri hanno percorso senza vettura i goriziani a “Gusti di Frontiera”?
Naturalmente si penserà tre volte prima di sanzionare chi violerà il codice: in primavera Berlusconi invitò a votare amministrazioni di centrodestra con cui ci sarebbero state – testuale – “meno multe”. Non saper mantenere il decoro di una piazza centrale con zona pedonale, come ce ne sono centinaia in Europa, e lamentare conseguenti difficoltà nel commercio è segno a dir poco di provincialismo e ricorda purtroppo il finale – anche lì in una piazza – del film “L’ora legale”, con Ficarra e Picone.
Caro Nevio, per queste decisioni sulla galleria bombi sono indignato. E condivido tutto quello che dici, perchè, vedo che sei indignato anche tu. E’ una cosa gravissima. E non perchè avevo in mente di utilizzarla come sede del Museo diffuso del Novecento, Questa era un’opzione che richiedeva un forte impegno progettuale. Ma qui non si vuol fare nulla, solo distruggere quel poco di buono che è stato fatto. Perchè la piazza Vittoria oggi è una vera piazza della città, una spianata bellissima, come altre belle piazze delle città d’Italia. Ci sono le persone che l’affollano, molti afghani o pakistani, molti bambini che giocano. Questa è la realtà di questa piazza, che sta a dimostrare purtroppo anche il calo demografico della nostra città. Ma questo non è rilevante. Era una cosa bella che ora si vuole distruggere. Il Forum, che cerca di fare politica, dovrebbe prendere in considerazione questa realtà e promuovere una forte campagna di protesta, a cui mi assocerei da subito. Ciao Dario Stasi
Una decisione che non trova altra giustificazione se non quella di sfrattare i nostri fratelli immigrati. Soluzione per la crisi del commercio? La crisi è dovuta certamente ai centri commerciali e all’e-commerce ma soprattutto per la incapacità di una classe “imprenditoriale”, come quella dei commercianti, di ammodernarsi e dare servizi adeguati alla propria clientela. Poche idee e ben confuse. Le poche iniziative commerciali in città sono state attivate, in gran parte, da imprenditori sloveni (panetterie, bar, fiorerie alcuni esempi).
Per chi desidera andare per piste ciclabili, almeno per i prossimi 5 o 10 anni, dovrà accontentarsi di quelle della vicina Nova Gorica…..
Del resto la colpa è solo nostra. Abbiamo votato e questo è il catastrofico risultato. Siamo solo all’inizio di un’era a tinte molto scure.
Mi chiedo, ma una risposta non sono riuscito ancora a darmela, perché mai Gorizia – città non di frontiera ma di confine e quindi crocevia di culture differenti tra loro – debba esprimere un’amministrazione così intollerante verso ciò che è “diverso” e che, secondo il mio parere, non rappresenta in alcun modo la storia e il dna della città di cui è al timone. Non sono goriziano, ma a me Gorizia in base a quel che ne ho visto durante le mie molteplici visite piace, e vorrei venire a viverci proprio perché è una città di confine, il che dal mio punto di vista è un suo grosso ed unico pregio (non abbastanza valorizzato dal governo della città e sottovalutato se non addirittura ignorato da grossa parte degli italiani per i quali ormai le attrazioni si riducono alla vista mare, agli aperitivi in rapida sequenza e alle nottate in disco a cercare un divertimento che non riescono a costruirsi in altro modo): un bambino che cresce a Gorizia, e dunque immerso tra due culture differenti tra loro, ma allo stesso tempo così vicine sul piano della distanza meramente fisica, difficilmente diventerà un adulto intollerante nei confronti dell’altro. O almeno questo è il mio punto di vista. Ecco perché sono convinto, ripeto: da cittadino non goriziano, che una città come Gorizia possa e forse debba esprimere un’amministrazione diversa da quella attuale. Non dico aperta a tutti indistintamente e senza lo straccio di una parvenza di regola, ma nemmeno chiusa a prescindere a chiunque sia “diverso”.
Ho evidentemente commesso un errore nel mio commento precedente. Non intendevo dire che l’unico pregio di Gorizia sia l’essere città di confine, ma che questa sua bella qualità, oltre che essere “grossa”, è più unica che rara. Mi scuso per la topica.
tranquillo Luca, dal senso generale del commento si capiva che non voleva sminuire.
Da goriziano innamorato della propria città La ringrazio per le belle parole e per l’alta considerazione Sulle potenzialità di questo territorio ci sarebbe da parlare, da scrivere ma soprattutto da fare da qui all’eternità.
Purtroppo ha tagione, c’era la reale possibilità di cambiare ma ancora una volta i concittadini hanno preferito adagiarsi nel caldo e rassicurante immobilismo. A volte mi chiedo anch’io perché si vogliano così male.
Una risposta parziale può derivare dalla storia del Novecento, che da queste parti è passata con particolare violenza. Pensiamo agli inizi del secolo scorso: la popolazione, pur avendo diverse radici, era in grado di esprimersi correntemente in quattro (dico quattro!) lingue. Nel primo dopoguerra le politiche nazionaliste hanno completamente sottomesso tutto ciò che non suonava italiano. Nel secondo dopoguerra ruggini ed odi hanno scavato solchi ancora più profondi nelle coscienze delle persone e il fatto che una consistente percentuale della popolazione cittadina sia stata “importata” da altre zone d’Italia sicuramente non ha aiutato a cercare punti di incontro tra le varie anime della città. Per decenni la Yugo serviva solo per la zona franca e per le frotte di compratori di “Kaubojike” (i blue-jeans) in via Rastello, ma non c’è mai stato interesse a cercare punti comuni con i “vicini diversi”, tant’è che ancora nel 2017 c’è chi esce dall’aula consiliare quando alcuni consiglieri si esprimono in sloveno.
Aggiungiamo poi anche la poca memoria storica (o forse, più che poca, selettiva) di quelli che 70 anni fa sono stati accolti in città in seguito alle tristemente note vicende di Istria e Dalmazia e il quadro appare ancora più desolante. Allora era giusto accogliere loro, italiani; al giorno d’oggi invece, è giusto escludere tutti gli altri?
Ormai i decenni sono passati, il confine fisico come lo abbiamo conosciuto nel passato è sparito da 10 anni, lavoriamo affinché spariscano anche quelli mentali. La strada è ancora lunga e faticosa, ma prima o poi ce la faremo!
B.O.B., secondo me lei ha toccato due tasti sensibili a proposito di quella che è la condizione attuale della città e delle politiche di accoglienza (anche se francamente non mi pare ve ne siano, dal momento che finora la gestione dell’accoglienza ha scontentato sia chi vorrebbe ospitare che chi vorrebbe respingere).
È triste dover prendere atto che la popolazione importata non abbia contribuito a favorire la ricerca di punti di contatto tra le diverse anime della città. Io, da cittadino non goriziano e per ora nemmeno residente nel capoluogo isontino, quando sono stato dalle vostre parti mai mi son sognato di non varcare il confine rinunciando alla possibilità di spendere un po’ del mio tempo a Nova Gorica perché “con quelli dell’altra parte non ho niente in comune e peraltro loro parlano una lingua diversa dalla mia”. Al contrario, ci sono andato, ci ho speso del tempo ed anche dei soldi, e ho provato piacere nell’entrare in un’attività commerciale e cercare di esprimere le mie richieste in sloveno, fosse anche uno sloveno stiracchiato o meno che scolastico. È una manifestazione di rispetto di chi, come me in quella circostanza, è ospite in casa di altri. È un esempio banale, però probabilmente rende abbastanza bene l’idea di quanto la volontà del singolo individuo nell’abbattere certi muri e accorciare se non addirittura annullare certe distanze possa fare più, molto di più, delle buone intenzioni della politica o degli amministratori locali. La tolleranza e l’apertura nei riguardi di chi ha una cultura differente dalla nostra, la si pratica sul territorio, per le strade, sui marciapiedi, tra la gente, nella vita di tutti i giorni, dando il buon esempio al prossimo che ci osserva, esponendolo dunque al “rischio” di essere contagiato da tanta tolleranza fino al punto di convincerlo che è questa la strada da seguire, non le altre; insomma, la tolleranza non la si impone con progetti a medio o lungo termine, o perlomeno non può essere questo l’unico strumento per favorirne la diffusione. Tornando a qualche riga più su, mai mi passerebbe per la testa, da cittadino “importato”, di sostituire usi, costumi e tradizioni locali con le mie: si tratterebbe di una profonda mancanza di rispetto nei confronti della comunità in cui ho deciso di soggiornare o vivere. Il che non significa scordarsi delle proprie radici, ma prendere sul serio quelle degli altri, atteggiamento questo che in Italia è poco ricorrente, dato che (e cassatemi la generalizzazione) ogni comunità pensa di essere meglio di tutte le altre.
Quanto all’esodo di 70 anni fa dalla Jugoslavia all’Italia, come darle torto? Prima di dar voce ai pensieri più primitivi e agli umori della pancia, che quasi sempre fanno a pugni col buon senso, dovremmo ricordarci chi siamo stati e da dove siamo venuti. Se è accaduto, può succedere di nuovo: e se tra 30 anni fossimo noi gli immigrati di oggi così come per la verità lo siamo già stati qualche decennio fa? Ci piacerebbe essere trattati alla stessa maniera degli “esuli” di oggi? Non ho la palla di vetro per indovinare il futuro, ma non credo.
Per chiudere, a proposito di Gorizia non posso che avere pensieri positivi e parole buone. Perché, veda, la bellezza non sta solo in un tramonto sul mare o nella movida tutti i giorni e a tutte le ore del giorno. È bello anche vivere in un posto dove il tessuto o il telaio culturale è la somma di tante culture diverse; dove la gente si muove in bici non solo per fare pratica sportiva ma anche per adempiere alle commissioni quotidiane (e in tal senso Gorizia ha molta mentalità che io definisco “biclistica” ed è molto più “green” di tante altre città italiane che si vantano di esserlo); dove fai pochi passi e ti si spalancano una realtà e una cultura diverse dalle tue; dove puoi camminare per strada e non avere l’impressione di avere un tubo di scarico nel naso. Ho una visione distorta di Gorizia? Non lo so, forse no, o forse sì. So solo che la percezione che ne ho ricavato è stata profondamente diversa da quella che mi era stata pronosticata da chi me ne ha parlato come una città poco ospitale, che dopo una certa ora è un mortorio (punto primo: resta pur sempre una città di 35mila abitanti, ma in tanti evidentemente lo dimenticano; punto secondo: come se nel resto d’Italia dopo una certa ora le strade pullulassero di gente), dove “non c’è niente” (ma che significa??? Qualcuno me lo può spiegare?) e dove la gente è fredda. Niente di tutto questo, almeno in base alla mia esperienza. Ma in Italia, si sa, è molto più comodo appiccicare etichette ed interpretarle come verità inconfutabili, piuttosto che andare a verificare di persona quale aria tira realmente in questo o quel posto.