L’incontro a Straccis a cui ho preso parte ieri sera, in cui si è parlato dei numerosissimi migranti costretti a dormire all’addiaccio, mi ha violentemente riportato alla memoria il mio esame di psicologia sociale all’università e, in modo particolare, gli studi di Latanè e Darley sull’effetto bystander (effetto spettatore).
Ritengo che esso sia particolarmente adeguato a inquadrare il fenomeno dell’immigrazione in città e le reazioni che esso inevitabilmente genera nella popolazione.
In buona sostanza, quando ci troviamo di fronte a una situazione ambigua o complessa, com’è appunto quella dei migranti, tendiamo a guardare al comportamento altrui e a prenderlo per buono.
Dove c’è una forte ignoranza collettiva (del resto quanti conoscono veramente le dinamiche dei flussi migratori, le politiche nazionali e internazionali in materia di asilo politico etc?), la riprova sociale la fa da padrona.
Non so come comportarmi, allora guardo quello che fanno gli altri, senza considerare il fatto che anche questi altri, non sapendo come agire, guardano quello che faccio io.
Questo circolo vizioso, potenzialmente pericolosissimo, è stato alla base di episodi molto preoccupanti (interi gruppi di passanti e spettatori occasionali che non intervengono a soccorrere vittime di aggressioni o incidenti) ed è la spiegazione del perché, di fronte alle emergenze, reagiamo con il più totale immobilismo.
A Gorizia siamo in circa 34 mila cittadini e il motivo per cui solo una piccolissima parte di noi si spende attivamente per cercare di dare delle risposte concrete al problema migranti non è perché siamo persone incivili e insensibili, ma perché la responsabilità sociale di ciascuno di noi si diluisce in una più grande e indefinita responsabilità collettiva.
Di qui l’importanza di fare qualcosa di positivo e costruttivo che, oltre ad aiutare delle persone in difficoltà, sia da segnale per altri che in questo momento non sanno cosa fare.
Fare qualcosa, ma cosa? Le azioni materiali sono importantissime, ma sono solo una piccola parte di ciò di cui c’è bisogno che è, di fatto, la conversazione: parlare con gli amici, parlare con i vicini di casa, in tono rassicurante e responsabile.
Credo che questa sia l’azione quotidiana più praticabile e più utile che ognuno di noi può intraprendere a partire da subito. ElSa.
Ho letto con attenzione l’analisi di Eleonora Sartori sul comportamento dei cittadin goriziani verso i migranti e posso essere d’accordo , ma cosa dire dei tanti commenti intrisi dei peggiori pregiudizi se non di violenza?Io sono una volontaria Caritas ,ho partecipato agli incontri dove veniva spiegato il fenomeno immigrazione,il perché avviene, a quali rischi vanno incontro queste persone e cosa deve fare il paese che li accoglie. Di questo sapere ho cercato di condividerlo,prima con la mia famiglia( che ne ha fatto tesoro) e poi con amici e conoscenti. Purtroppo, debbo dire che, o mi lasciavano parlare ,ma solo per educazione, o dichiaravano,con molta freddezza, di non essere d’accordo con quello che dicevo, adoperando le solite frasi, che vadano a casa loro, ci rubano il lavoro, prima i nostri ecc ecc ed il colloquio si riempiva di tensione, ed io vedevo persone che stimo e per bene , in atteggiamenti che mai avrei creduto!!!! Questa la mia esperienza.
Roberta, la situazione a cui fai riferimento la conosco bene. Credo, tuttavia, che dal tuo tipo di azione possa, con il tempo, nascere qualcosa di buono. Dall’indifferenza e dall’ostilità assolutamente nulla. Grazie per il tuo contributo.