Un uomo che parla una lingua vale un uomo; un uomo che parla due lingue vale due uomini; un uomo che ne parla tre vale tutta l’umanità.
E’ un proverbio africano, ma qui da noi il pensiero comune è molto diverso.
Il ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli qualche giorno fa in visita a Trieste, subito dopo aver dichiarato che
Il rapporto tra Slovenia e Italia è l’esempio di una società che integra le diversità culturali
aggiunge, riferendosi all’insegnamento della lingua slovena come seconda lingua (!), che
si tratta di un tema che dobbiamo affrontare perchè adesso qualche difficoltà c’è. Qualche difficoltà in termini di capacità di costruire clima e merito.
Quindi il clima non è favorevole… e menomale che Italia e Slovenia sono l’esempio di una società che integra le diversità culturali!
Comunque è necessario mettere i puntini sulle i: italiani e sloveni hanno sempre abitato gli stessi luoghi e la lingua slovena non è da considerarsi una lingua straniera.
Al Ministro sono anche propensa a concedere delle attenuanti… Viene da Roma, non ha mai vissuto qui e probabilmente certe cose non le sa… Rimango basita, invece, quando affronta l’argomento parlando di domanda e offerta (come se si parlasse di merci) e tira in ballo i genitori, i quali dovrebbero chiedere l’insegnamento della lingua slovena.
Sono stata studentessa per 18 anni e sono mamma da sette e non ho mai visto genitori chiedere cambiamenti ai programmi ministeriali.
Ancora più imbarazzanti sono le dichiarazioni del centro destra regionale che definisce
inutile l’apprendimento della lingua slovena, in quanto parlata da meno di due milioni di persone al mondo.
Ma glielo diciamo agli esponenti di Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d’Italia che il latino e il greco antico non li parla più nessuno ma continuano a essere studiati al Liceo Classico, considerata ancora la miglior scuola presente nel nostro Paese?
Siccome, evidentemente, il modus operandi di questa parte politica è lo stesso che si parli di scuola, immigrazione o qualsiasi altro argomento, ecco che arriva il carico da novanta:
invece dello sloveno, si pensi piuttosto alle aule a pezzi
(che mi sembra tanto “invece che pensare a integrare gli immigrati, si pensi agli italiani in difficoltà”), come se una cosa escludesse un’altra.
Cari politici, nazionali e regionali, fatevi un giro a Gorizia e vedrete quanti italiani hanno scelto le scuole della minoranza perché era l’unico modo per far apprendere ai propri figli la lingua slovena, andando incontro e al contempo creando dei “problemi”.
Sì, perché le difficoltà ci sono, è innegabile: sia per le famiglie (che ad esempio non sono in grado di seguire i figli nei compiti), ma anche per le scuole e i doposcuola che quotidianamente devono uniformare i livelli di conoscenza dei bambini/ragazzi in due lingue.
Io, da madre italiana che ritiene imprescindibile la conoscenza della lingua slovena, vorrei tanto poter avere una scuola italiana realmente bilingue, ovvero una scuola in cui Italiano e Sloveno fossero materie curricolari di egual peso.
Perché, cari politici, italiano e sloveno hanno pari dignità, e mi sento imbarazzata che nel 2017 si continui a tornare sull’argomento. ElSa.
Articoli citati
Fedeli: «Lo sloveno a Trieste? Se i genitori lo chiedono come seconda lingua straniera».
«Proposta assurda. Impararlo è inutile
Gli africani hanno ragione.non sapere lo sloveno e non insegnarlo a scuola e’ un atteggiamento da guerra fredda.lo si vede quando consiglieri comunali,non buzzurri,abbandonano l aula quando i colleghi parlano in sloveno.se lo dici a Milano non ci credono
Non ci crederei neppure io… Abbandonare l’aula o anche semplicemente non indossare le cuffie per la traduzione simultanea (se non si conosce la lingua) è un atteggiamento cafone. In occasione dell’ultimo consiglio comunale abbiamo assistito, nell’ordine, a una bestemmia pronunciata da un “signore” seduto tra il pubblico (che non è stato nemmeno invitato ad abbandonare l’aula, e per questo chiederò che dalla prossima volta ci sia un vigile a controllare ed eventualmente a prendere provvedimenti) e alla scusa accampata da un consigliere di maggioranza che ha dichiarato (excusatio non petita, accusatio manifesta!!!) che non indossa mai le cuffie per protesta, perchè a suo dire le persone che seguono le sedute del Consiglio Comunale da casa in streaming non sentono la traduzione in italiano. Cosa non vera, ma forse lui non lo sa!
La mia opinione è che la seconda lingua o è materna, o è parlata dal contesto in cui interagisco o mi serve per affermarmi. In tutti gli altri casi è una scelta di comunicazione facilitata, come può essere l’inglese. Piaccia o no l’inglese è la lingua dominante, per ragioni storiche economiche come fu per altre lingue nel passato. L’italiano in Slovenia e lo sloveno in Italia nel punto di contatto tra le due lingue è auspicabile venga insegnato come terza lingua, soprattutto a livello di conversazione, per favorire i numerosi contatti che esistono nella vita quotidiana. Ma questa scelta non può essere fatta da amministrazioni locali, composta da generazioni compromesse da retaggi culturali, ma da persone esterne che guardano a questa come ad un’opportunità per arricchire lo scambio e abbattere l’ultimo confine rimasto, la lingua.