Come studiosa e appassionata di arte, un’amica mi ha chiesto un’opinione sulla vicenda della mostra negata dal Comune perché «lesiva della sensibilità dei goriziani». E anche io mi sono interrogata su quanto sta accadendo, non solo in riferimento a questa censura.
Un tempo gli artisti lavoravano su commissione per i mecenati: che, pagando, chiedevano opere ad hoc per rispettare la propria visione e prestigio.
Adesso gli artisti pensano, creano e chiedono poi un aiuto economico (sempre più risicato, se arriva) per sostenere iniziative che possano, fra le altre cose, dar lustro alla città.
Compito principale dell’arte contemporanea è quello di far riflettere, discutere.
Forse quindi, in questo modo, la mostra negata a Gorizia e oltreconfine ha avuto maggiore visibilità che se fosse stata realizzata.
Ma la questione è un’altra. Ritengo infatti che il Comune abbia agito in perfetta sintonia con il proprio sentire negando il permesso alla realizzazione della mostra.
Mi lascia invece allibita un altro aspetto. Ci si dovrebbe infatti interrogare sulle mancate obiezioni riguardo il manifesto di “Gusti di frontiera”, dove giovani di tutto il mondo sorridono felici in un contesto armonico.
Legato, peraltro, alla cucina: cioè il luogo in cui si prendono molte decisioni, tanto a livello familiare quanto a livello mondiale.
Perché, checché se ne dica, la maggior parte delle discussioni fra i grandi della terra accade attorno a un tavolo. Come quello che si voleva allestire in Piazza Vittoria. Eliana Mogorovich
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