L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha individuato nel 25 novembre la data in cui celebrare la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne e ha invitato i Governi e gli organismi internazionali a promuovere iniziative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema.
La data è stata scelta per ricordare il brutale assassinio, avvenuto nel 1960, delle tre sorelle Mirabal, che tentarono di contrastare il regime di Rafael Leonidas Trujillo, dittatore della Repubblica Dominicana dal 1930 al 1961.
Il 25 novembre 1960 le sorelle Mirabal, mentre si recavano a far visita ai loro mariti detenuti, furono fermate da agenti del Servizio di Informazione militare. Condotte in un luogo nascosto, furono torturate, massacrate a colpi di bastone e strangolate. Furono, quindi, caricate a bordo della loro auto e gettate in un precipizio al fine di simulare un incidente.
In Italia, soltanto a partire dal 2005 alcuni centri antiviolenza hanno iniziato a celebrare questa giornata che sta acquisendo risalto sempre più ampio anche a causa degli ormai numerosissimi casi di violenza, specialmente domestica.
La maggior parte delle aggressioni avviene, infatti, ad opera di familiari, in genere mariti o compagni, che, per lo più, non accettano la fine di una relazione.
Potrebbe, dunque, considerarsi una forma, benchè patologica, di amore?
Assolutamente no! Qui l’amore non c’entra proprio! Si tratta unicamente del desiderio di riaffermare la propria autorità su qualcosa che si ritiene di proprietà esclusiva, la donna, considerata come un oggetto e non come una persona. (Ricordo incidentalmente che fino al 1996 il reato di violenza sessuale era rubricato come reato contro la morale pubblica e non contro la persona!)
Si invoca da più parti un intervento legislativo che regoli in maniera più puntuale i casi di violenza domestica e consenta l’adozione di misure più incisive da parte di magistrati e forze dell’ordine.
In effetti, ciò che colpisce maggiormente leggendo i commenti postati sui social è il costante invito alle vittime a farsi giustizia da sole, considerata l’assoluta inefficacia dell’azione posta in essere dalle istituzioni.
Indubbiamente, delle misure andranno adottate anche se, in molti casi, molto probabilmente non raggiungeranno lo scopo atteso. In primo luogo, a causa di una persistente ritrosia nel denunciare, in secondo luogo perché la sanzione non sembra rappresentare un valido deterrente, dal momento che molti degli autori delle violenze si costituiscono spontaneamente alle forze dell’ordine.
E, comunque, nemmeno la più severa delle normative potrà mai rendere giustizia e restituire serenità a tutte quelle donne vittime di una violenza meno evidente ma non per questo meno devastante, quella psicologica.
Accompagnata o meno dalla violenza fisica, la violenza morale scava nell’animo abissi di disperazione e distrugge la considerazione di sé.
E’ un fenomeno molto più diffuso rispetto a quello della violenza fisica e coinvolge anche persone del tutto insospettabili. Moltissime donne, se si guardano dentro, vedono soltanto cumuli di macerie, che cercano di nascondere innanzi tutto a sé stesse.
Mi viene in mente il titolo di una riflessione di Monica Pepe sull’argomento: “I sogni stesi lungo il selciato”.
Già…! I sogni…! Chi se li ricordava più…?! SoSa
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