Mi ha fatto particolarmente piacere leggere l’interessante articolo dedicato al tema “commercio e rilancio”, uscito mercoledì 1° novembre sul quotidiano Il Piccolo nella cronaca di Gorizia a firma di Marco Bisiach, che riprende un incontro tra il Comune e ristoratori e commercianti di Gorizia, perché credo, una volta tanto, abbia rotto un tabù tipicamente goriziano: quello della accettazione acritica e ideologizzata di tutto ciò che passa l’amministrazione politica di turno, pena la condanna a persona che “rema contro” o affetta dalla sindrome del “non se pol”.
È un dato di fatto che le amministrazioni comunali degli ultimi anni abbiano puntato decisamente, visti gli stanziamenti a bilancio, le richieste di finanziamento e l’utilizzo delle risorse umane comunali di supporto, su manifestazioni diffuse che vanno, tanto per citarne alcune, da rivisitazioni della ben nota Oktoberfest tedesca, al “Natale goriziano” e a Gusti di Frontiera e così via.
Si parla di cifre quali, per esempio, 191 mila euro per Gusti di frontiera o 175 mila euro per il Natale goriziano ma anche di risorse umane, per esempio una cinquantina sono i dipendenti comunali impegnati, in vario modo, per Gusti.
Tali manifestazioni hanno come elemento comune e punto di attrazione principale la vendita e la somministrazione di cibi e bevande, sia in forma ambulante sia attraverso l’apertura temporanea di chioschi e in generale di esercizi pubblici nei locali di attività commerciali dismesse da tempo, come alcune note nella via Rastello, i cosiddetti “temporary shop”, anglicismo indicante, appunto, l’apertura occasionale di piccole attività nell’ambito di particolari eventi o periodi come il fine settimana o ricorrenze festive.
Ora, se proprio non era “amore”, sembrava, almeno sino ad oggi, quasi generalmente riconosciuto che questa “politica” godesse però del favore incondizionato e trasversale delle categorie produttive della nostra città e di quello della maggioranza dei cittadini.
Ebbene, si scopre oggi che, evidentemente, proprio così non è. Dall’articolo emerge, infatti, una realtà probabilmente nell’aria da qualche tempo, descritta dal giornalista, addirittura come “spinosa questione dei temporary shop mal digeriti dagli esercenti dei locali permanenti di Gorizia”.
In sostanza, a leggere le dichiarazioni di alcuni esercenti, viene “denunciata” una sorta di concorrenza sleale da parte di questi esercizi temporanei, molto di moda negli ultimi tempi, in quanto gli stessi godrebbero di un regime di “regole e di costi” differenziato rispetto a quello “non indifferente” con il quale invece i ristoratori a tempo pieno devono fare i conti quotidianamente tutto l’anno.
La diffusione di questi modelli alternativi di ristorazione fa sorgere legittimamente il dubbio se la lamentata diversità di trattamento sia ancora giustificabile per la loro asserita occasionalità e temporaneità e, anche, una riflessione sul ruolo che ha, in questa vicenda, l’ente locale, nel caso di specie il Comune di Gorizia.
Non solo. Spingendosi un po’ oltre il tema del rispetto delle regole della concorrenza, penso che l’argomento rientri anche nel discorso più ampio riguardante l’idea di città e della relativa economia, legata alla sua cultura, alla sua storia ed al suo paesaggio, degli eventi che in essa si organizzano, di ciò che lasciano alla città a fronte delle risorse pubbliche impegnate.
A me sembra, infatti, che sino ad oggi si sia continuato a “navigare a vista” con l’idea che l’importante sia “fare”, piuttosto che “non fare”, senza soffermarsi troppo sul “cosa fare” e in che “modo farlo”. La questione sollevata nel pezzo giornalistico in effetti mi richiama alla memoria un fenomeno tipico della nostra recente storia cittadina, quello di politici e amministratori che poco, se non per nulla, dialogano con i cittadini.
Eventi non fine a se stessi ma legati ad un percorso culturale ed economico ben definito, partecipato e sostenibile, in un sistema di obiettivi, regole e promozione comuni, per offrire ai goriziani e ai visitatori esterni una città ricca di cultura e di storia e con un paesaggio stupendo, anche se non proprio più incontaminato, accogliente nei modi e nella sostanza tutto l’anno.
Tutti aspetti, questi, in cui dovrebbe rientrare, di diritto, anche l’offerta gastronomica, nelle diverse forme di ristorazione che sono una ricchezza, non certo, un elemento di reciproca dannosa concorrenza.
Ma perché ciò avvenga serve, allo scopo, una classe politica aperta alle istanze dei cittadini e competente e una classe imprenditoriale colta e capace di far sentire le proprie proposte e ragioni. Il dibattito è aperto! Stefano Cosolo
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