Negli Stati democratici la legge elettorale detta le regole attraverso le quali la volontà popolare si traduce in seggi parlamentari.
I sistemi elettorali sono fondamentalmente due, quello maggioritario e quello proporzionale.
Il sistema maggioritario si basa generalmente sul collegio uninominale: il collegio esprime un solo seggio e viene eletto chi prende più voti. Questo sistema limita fortemente o esclude del tutto la rappresentanza delle minoranze. Inoltre, non viene riconosciuta alcuna rilevanza allo scarto di voti per cui un candidato può risultare eletto in un collegio per un solo voto in più mentre un candidato dello schieramento avversario può essere eletto in un collegio differente con una consistente differenza di consensi.
Si potrebbe, pertanto, arrivare al paradosso che i candidati eletti appartengano ad una forza politica che gode di un consenso inferiore all’interno del Paese (è quello che si è verificato negli Stati Uniti con l’elezione di Trump, che, pur godendo di un consenso percentualmente inferiore a quello della Clinton è stato, comunque, eletto essendosi aggiudicato un maggior numero di Stati, anche se con un numero di elettori inferiore).
Il sistema proporzionale, invece, attribuisce ad ogni forza politica un numero di seggi percentualmente pari al consenso ottenuto (5 per cento dei voti 5 per cento dei seggi), e consente, quindi, un’adeguata rappresentanza politica anche alle minoranze. Non è, inoltre, possibile che una forza politica minoritaria ottenga un numero di seggi più alto rispetto al consenso elettorale goduto.
Fatta questa doverosa premessa, vediamo, dunque, quali sono i punti salienti della nuova legge elettorale.
- Sistema misto: il 36 per cento dei seggi viene assegnato con il sistema maggioritario, il 64 per cento con il sistema proporzionale. Nei seggi assegnati con il sistema maggioritario ogni partito o coalizione presenta un solo candidato e vince quello che ottiene più voti, voti che andranno a sommarsi a quelli ottenuti nella parte proporzionale. Se, però, consideriamo che chi viene eletto nel collegio uninominale ottiene una percentuale di voti più alta di quella che mediamente a livello nazionale ottiene il suo partito o la sua coalizione dobbiamo concludere che viene alterato il rapporto tra voti espressi e seggi conseguiti. Nel “Mattarellum”, invece i voti che erano serviti ad eleggere un parlamentare nella parte uninominale venivano detratti dalla parte proporzionale. C’era, inoltre, la possibilità del voto disgiunto, che ora è stata tolta. Per i seggi assegnati con il sistema proporzionale ogni partito o coalizione presenta una lista di candidati (non meno di due e non più di quattro). Le liste sono bloccate. I candidati vengono, pertanto, eletti nell’ordine indicato dal partito e non in base alle preferenze espresse dagli elettori.Ricordiamo che analoga disposizione della precedente legge elettorale è stata dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte Costituzionale.
- Soglia di sbarramento: ogni partito, per poter entrare in Parlamento, deve superare la soglia del 3 per cento su base nazionale, sia al Senato che alla Camera. Per le coalizioni la soglia è del 10 per cento.
- Divieto di voto disgiunto: non è consentito votare un candidato nel collegio uninominale e una lista a lui non collegata nel proporzionale. Questa previsione impedisce, di fatto, all’elettore di scegliere liberamente un partito e un candidato appartenente ad un partito diverso. Anche questa norma presenta profili di incostituzionalità.
- Quota di genere: nei collegi uninominali e nelle liste plurinominali nessun genere può superare il 60 per cento.
Come risulta evidente già da una prima lettura, questa legge premia le coalizioni poiché consente loro di sostenere un unico candidato nell’uninominale e di correre da sole nel proporzionale.
Siccome, però, la Costituzione non prevede il vincolo di mandato, nel corso della legislatura i partiti possono uscire dalla coalizione in qualsiasi momento.
In apparenza, il Rosatellum potrebbe considerarsi come un tentativo di abbinare i vantaggi del sistema maggioritario con quelli del proporzionale. Nella realtà dei fatti, rischia, invece, di sommare più che i pregi le criticità di entrambi i sistemi.
Se, infatti, il principio della massima rappresentatività (sistema proporzionale) viene, in genere, sacrificato al fine di garantire una maggiore governabilità (sistema maggioritario), secondo le prime simulazioni effettuate nessuna delle forze politiche attualmente presenti sulla scena sarebbe in grado di dar vita ad un governo stabile.
I veri detentori del potere risultano essere non gli elettori ma i segretari di partito, ai quali spetta decidere le coalizioni e l’ordine di elezione dei candidati .
Si deve, dunque, concludere che le uniche esigenze alle quali questa legge sembra rispondere sono quelle del compromesso e della compiacenza verso alcune forze politiche e che, una volta di più, non si è legiferato avendo come obiettivo il bene comune ma soltanto, è il caso di dirlo, la propria poltrona.
Per quanto riguarda il ricorso presentato contro questa legge alla Corte Costituzionale, è opportuno chiarire che oggetto dell’impugnazione non sono le disposizioni che presentano profili di incostituzionalità perché tale impugnazione può avvenire soltanto nel corso di un procedimento giurisdizionale, che richieda l’applicazione delle norme impugnate.
Si tratta, invece, di un ricorso per conflitto di attribuzione tra organi dello Stato. In altre parole, viene lamentato il fatto che sarebbero state violate le prerogative del Parlamento dal ripetuto ricorso alla questione di fiducia che, di fatto, limita notevolmente la discussione e le possibilità di modifica del testo. SoSa.
Rispondi