La città in cui abitiamo è la nostra casa comune. La sua conformazione, che è il risultato dell’intervento umano sulle risorse naturali e paesaggistiche del territorio in cui si trova, contribuisce in modo sostanziale a caratterizzare la nostra esistenza, ovvero le abitudini, la salute fisica e psichica, le opportunità di lavoro, la socialità e quant’altro. Di questi aspetti si occupa l’urbanistica, disciplina che ha come scopo la progettazione dello spazio urbano e la pianificazione organica delle modificazioni del territorio incluso nella città o collegato con essa. Lo strumento fondamentale a questo scopo è il Piano regolatore generale del comune.
Nel mese di novembre 2016 il Consiglio comunale di Gorizia della precedente amministrazione, ha approvato le “direttive per la formazione della Variante al Piano regolatore generale strutturale e ricognitiva, n. 41” raccolte in un documento redatto dall’assessore Guido Germano Pettarin. Si legge nell’introduzione che, rispetto al PRG elaborato a partire dal 1997 ed entrato in vigore nel 2001, profonde modifiche sono intervenute in questi anni, sia sul tessuto economico e sociale che su quello legislativo. Per questo motivo necessita, a detta dell’assessore, una “variante di carattere strutturale dello strumento di pianificazione del territorio”, la “Variante 41” appunto.
Nelle direttive, che ricordo sono scaricabili dal sito web del Comune di Gorizia, il tema principale, per lo sviluppo dell’economia cittadina o quanto meno il suo adeguamento ai tempi attuali, appare essere l’ampliamento degli spazi per il commercio nei quali poi esercitare anche altre attività di svago e di consumo: “progettare con lo sguardo rivolto al futuro” e “il commercio come occasione di rigenerazione e sviluppo territoriale” sono gli slogan che mi hanno colpito di più. Lo spirito di questa annunciata “riforma” del Piano regolatore comunale, risulta infatti legato ad alcuni concetti ben chiari ed espressi in affermazioni del tipo “il momento del consumo che torna ad esaltare quegli aspetti ricreativi che, in realtà lo avevano caratterizzato anche in passato”, “lo shopping e il tempo libero come binomio vincente” e “fruire lo spazio in condizioni di decoro, sicurezza e tranquillità psicologica: un altro aspetto vincente dei centri commerciali, adattabili alla città”.
Quello che emerge è un indirizzo politico alquanto sorprendente a fronte di una tendenziale trasformazione in atto del settore commerciale. È sotto gli occhi di tutti, infatti, la crisi economica che sta vivendo la città e, in particolare, il settore commerciale: innumerevoli sono gli esercizi commerciali che hanno chiuso negli ultimi anni, non sempre sostituiti da altri, fenomeno che sta provocando, di fatto, uno svuotamento del centro storico e, in generale, la perdita di numerosi posti di lavoro. Parimenti appaiono evidenti le difficoltà degli operatori che “resistono” a fronte di elevati costi di gestione e della diminuzione del bacino di utenza.
Ricordo infatti che la popolazione cittadina si è notevolmente ridotta (a dicembre 2016 gli abitanti erano 34.740), la crisi ha ridotto i consumi e che c’è in atto, da diversi anni ormai, una spietata e letale concorrenza tra la grande distribuzione e la piccola, sia in ambito cittadino sia in quello dei vicini comuni italiani e sloveni dove insistono numerosi insediamenti commerciali. Con riferimento a quest’ultimo fenomeno, un’interessante indagine dell’IRES FVG del 2015 (si veda l’immagine riprodotta in calce) poneva la nostra Regione al primo posto in Italia per superficie di vendita della grande distribuzione con i suoi 687 mq ogni mille abitanti, dove Udine risultava prima con 802 mq/1000 abitanti e Gorizia seconda con 762 mq/1000 abitanti. A rendere incerto il futuro di questo settore, almeno nelle sue forme tradizionali, vi sono inoltre alcune nuove modalità di acquisto che si stanno diffondendo, prima fra tutte l’e-commerce, cioè gli acquisti tramite il web.
C’è da chiedersi, allora perchè l’indirizzo politico per una variante al PRGC punta molto sull’introduzione in città di altri “poli commerciali”. In particolare viene rilanciato il progetto del centro commerciale di via Terza Armata e proposto un altro insediamento commerciale tra le vie Trieste e Duca d’Aosta: entrambi in una zona dove c’è già una grande presenza di supermercati ed altre tipologie di esercizi commerciali. A chi giova? Agli attuali commercianti? A nuovi investitori? In generali alla comunità cittadina? A chi altro?
Osservo che prendere a modello, per la città, un centro commerciale, non solo è discutibile ma anche contraddittorio se poi si propone di creare ulteriori esercizi commerciali, rispetto a quelli già esistenti, così aumentando la concorrenza che già appare ai limiti.
Penso che Gorizia non abbia bisogno oggi di ulteriori spazi commerciali, anzi, addirittura, a ben vedere non è probabilmente necessario nemmeno tutto lo spazio di cui attualmente dispone, laddove invece sono carenti sia la cura del suo patrimonio storico artistico sia la valorizzazione delle sue risorse naturali e paesaggistiche.
Sotto questo aspetto, dunque, la Variante 41, così come è stata presentata, appare sostanzialmente anacronistica e non coerente con il tessuto sociale di questa città e con le potenzialità che essa ha e che sono tutt’ora inespresse.
Forse, ma mi piacerebbe sentire l’opinione dei goriziani, prima di mettere mano al piano regolatore, andrebbero studiati e attuati quegli interventi, quali sgravi fiscali, revisione del piano del traffico, cura delle strade, dei marciapiedi, dell’arredo urbano e del verde pubblico, incentivi per valorizzare il centro storico e ripopolarlo anche con una politica che induca a ridurre gli affitti dei locali, che da tempo e da più parti sono invocati, ma che non sembrano interessare particolarmente i politici e gli amministratori.
Ricordo infine che ogni cittadino può produrre osservazioni su questa proposta di variante e inviarle al Comune. Un invito: fatelo, il territorio di Gorizia non è “in svendita”, ha bisogno di buone idee, non di altri supermercati! Stefano Cosolo
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