Chi volesse avere un’idea della funzione svolta dalle Regioni potrebbe esaminare le proposte avanzate da alcuni consiglieri da inserire nella legge finanziaria regionale.
Al contrario di quanto si potrebbe pensare, trattandosi della redazione di un testo normativo, la lettura è estremamente divertente, a patto di non soffermarsi sulla circostanza che trattasi di soldi usciti dalle nostre tasche.
Si possono incontrare “le donne nell’arte del flambè”, sicuramente meritevoli di sostegno, le botti di rovere e i percorsi di terapia forestale fino ad arrivare alle innumerevoli chiese e parrocchie da restaurare.
Non ci sarebbe nulla da eccepire se le risorse a disposizione fossero sovrabbondanti o, per lo meno, sufficienti ma, in un periodo di vacche magre, sarebbe quanto mai opportuno che si scegliesse con estrema attenzione chi o cosa sovvenzionare, magari anche tenendo conto della propria matrice ideologica e non soltanto per motivi clientelari e di consenso elettorale.
Oltre che nei contenuti, questo sistema è assolutamente scorretto anche dal punto di vista formale.
Una legge non può contenere poste puntuali perché, se le contiene, non è più una legge.
Una legge deve, invece, dettare norme astratte e valide per una generalità di destinatari.
Per quale ragione, dunque, si ricorre allo strumento normativo e per quale ragione ci si abbassa fino al punto di ridurre una legge ad una banalissima lista della spesa?
Il livello della classe politica espressa dalle Regioni è, purtroppo, il più basso che si possa riscontrare, sotto tutti i punti di vista, danno ancor più grave se si considera che i politici regionali hanno un rapporto più immediato con i cittadini rispetto alle istituzioni centrali.
E non mi si venga a dire che l’esperienza maturata in questa sede potrà servire per incarichi di più alto respiro. L’eccezione è sempre possibile ma faccio davvero molta fatica ad immaginare uno statista formatosi sui banchi di questo consiglio regionale! SoSa
statisti no, ma purtroppo sindaci sì