I titoli che si leggono oggi sulla maggior parte dei giornali sono fatti apposta per confondere le idee e per non far comprendere il significato del giudizio espresso dalla Corte Costituzionale sulla legge elettorale.
“Rosatellum promosso”, “No al conflitto sul Rosatellum”, tanto per citarne alcuni, lasciano intendere il primo che la legge elettorale abbia superato l’esame di costituzionalità, il secondo che non vi sia, nel procedimento che ha portato alla sua approvazione, conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.
Mi spiego meglio.
Una legge può contenere norme in contrasto con la Costituzione. In questo caso, nel corso di un giudizio promosso da soggetto legittimato e portatore di uno specifico interesse, è possibile rimettere la questione alla Corte Costituzionale che si pronuncerà, appunto, sulla costituzionalità o meno delle norme impugnate.
E’ chiaro che questo tipo di giudizio può aver luogo soltanto dopo che la legge abbia avuto applicazione perché soltanto in questo momento potrà esserci un soggetto che, ritenendosi leso, potrà dimostrare un interesse concreto alla sua impugnazione.
Com’è facilmente intuibile, non è questo il caso di cui ci stiamo occupando poiché la legge elettorale di recente approvazione non ha ancora trovato applicazione concreta.
Il Rosatellum è stato, invece, impugnato per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.
L’ordinamento italiano conferisce, infatti, ai poteri dello Stato (legislativo, esecutivo e giurisdizionale) e alle Regioni la facoltà di impugnare gli atti emanati da uno dei suddetti organi, che si ritengano lesivi delle attribuzioni spettanti ad un altro organo. Naturalmente, ad essere legittimato all’impugnazione è l’organo che si ritiene leso.
Il ricorso contro il Rosatellum è stato proposto da un gruppo di parlamentari che lamentavano la violazione dell’art. 72 della Costituzione, nonché dei regolamenti interni, che escluderebbero la possibilità di porre la questione di fiducia sulle leggi elettorali in quanto verrebbe così compresso il diritto di ogni singolo deputato ad esercitare le funzioni costituzionali proprie del potere legislativo.
Nella pronuncia in argomento, la Corte Costituzionale non entra affatto nel merito del ricorso ma si limita a non riconoscere al gruppo di deputati proponenti la qualificazione di “potere dello Stato” e, di conseguenza, a giudicare il ricorso inammissibile.
Mi rendo conto che la materia è molto tecnica ma, proprio per questa ragione, mi premeva fare un po’ di chiarezza. SoSa
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