È noto che l’Italia è ai vertici in Europa per morti premature ogni anno causate dall’inquinamento atmosferico e, per questo, sotto procedura d’infrazione. Secondo i dati ISPRA 2015 le biomasse solide sono responsabili considerando le sole emissioni di particolato PM 2,5 di numerosissime morti premature e malattie soprattutto nei soggetti più deboli, bambini e anziani.
Non solo. È anche noto che per combattere il riscaldamento climatico esistono diversi tipi di intervento, uno dei quali è quello di una migliore gestione delle risorse naturali del territorio, perché foreste, terreni agricoli, praterie e zone umide possono assorbire un notevole quantità di carbonio. Quando distruggiamo le foreste, inoltre, intacchiamo il loro importante ruolo nel ciclo dell’acqua e nei sistemi idrogeologici, rafforziamo la portata e l’intensità delle alluvioni, dei dissesti idrogeologici, dei processi di desertificazione e dei periodi con forti siccità.
Ebbene nonostante questi non irrilevanti fatti noti, il governo a guida PD alla fine della precedente legislatura (la XVII^) ha pensato bene di lasciarci un ultimo regalo: il Testo unico forestale, un decreto legislativo recante disposizioni sulla revisione e l’armonizzazione della normativa nazionale in materia di Foreste e filiere forestali, in attuazione dell’articolo 5 della legge 28 luglio 2016, n. 154.
Leggiamo: “La Repubblica riconosce il patrimonio forestale nazionale come bene di rilevante interesse pubblico” si legge….ma per quale fine?
Presto detto: la legge è finalizzata a “incrementare la valorizzazione economica del patrimonio forestale e il sostegno alle sue filiere” ed è quindi una vero “lasciapassare” per lo sfruttamento economico ed energetico anche di aree boschive prima rigorosamente tutelate. Da capire poi, alla luce anche del nuovo Governo, quanto e come saranno incentivate le fonti da biomassa dal decreto sugli incentivi 2018 preparato e sottoscritto dal Ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda.
Ma non è finita. Facciamo un passo indietro. È dell’autunno 2017 la notizia che la Giunta regionale ha approvato, su proposta dell’assessore regionale all’Ambiente, Sara Vito, il regolamento per la concessione di contributi alle Unioni territoriali Intercomunali (Uti) e ai Comuni per la progettazione e realizzazione di impianti di teleriscaldamento alimentati a biomasse in coerenza – spiega l’assessore – con il PER (Piano Energetico Regionale) e i piani d’azione nazionali per le energie rinnovabili.
Del resto, dalle nostre parti, è nota la vicenda delle due centrali a biomassa a Gorizia in via Trieste in mezzo al centro abitato autorizzate dalla allora giunta provinciale Gherghetta di centro sinistra, centrali al di sotto di 1 MW presentate in pompa magna nel 2014 al Patto per lo Sviluppo della Provincia di Gorizia, per alimentare un impianto di trattamento di rifiuti di alluminio e poi, solo, nel 2015 con una parvenza di progetto di teleriscaldamento (solo per la Nord). Nel documento citato, tanto per avere un’idea sulla molto discutibile “ipotesi di convenienza energetica di tali impianti”, si parla di “un contratto di 5 anni con una cooperativa di boscaioli slovena per circa 20.000 t/anno di cippato, distante 25 km da Gorizia, mentre le altre 80.000 t/anno provengono da Croazia, Bosnia e Serbia…”.
Intanto la Giunta regionale attuale non ha ancora risposto ad una interpellanza del 13 dicembre 2017 proprio su questi impianti di Gorizia. Più vicina l’Europa che ha, invece, almeno dato atto di aver preso in carico le istanze del comitato cittadino #NoBiomasseGo.
Ma è a Monfalcone che si compie, in tutta evidenza, il diabolico rapporto tra istituzioni (la precedente legislatura nazionale e il governo PD della Regione Friuli Venezia Giulia) e le grandi “onni”potenze imprenditoriali. È infatti a seguito della Strategia Energetica Nazionale (SEN) con la quale il precedente Governo annuncia l’avvio dell’era della “decarbonizzazione dell’economia” anche in Italia, che si prefigurano alcuni possibili scenari nella nostra Regione, tra i quali l’utilizzo del gas e delle biomasse (quali? Rifiuti? Migliaia di tonnellate di cippato? Provenienti da dove? Oleose? Provenienti da dove?). Insomma, come si dice, “ dalla padella alla brace”, sempre di combustione parliamo, con tutti i dubbi del caso.
È a Monfalcone, infatti, che si trascina da anni il problema della centrale termoelettrica che funziona, ricordiamolo, a carbone e, per le sole fasi di avviamento, a gasolio. Il sito è inoltre autorizzato alla co-combustione di combustibili da fonte rinnovabile, come le biomasse, che possono venir bruciate insieme al carbone in percentuali stabilite.
Dunque a scadenza di mandato (guarda caso l’analogia con il governo nazionale) ecco che si costituisce un tavolo tecnico ambientale per analizzare la riconversione, in modo sostenibile, della centrale A2A di Monfalcone, con legge regionale nel corso dell’ultima seduta del Consiglio, mentre con una delibera di Giunta si è provveduto ad individuare i nominativi che ne faranno parte.
Tavolo tecnico con nomi e personalità eccellenti oltre che i rappresentanti del soggetto gestore della A2A. Cittadini, ambientalisti e non, rigorosamente esclusi dal tavolo.
Allora mi chiedo: saranno rappresentati e tutelati gli interessi dei cittadini e dell’ambiente? Si parlerà solo di profitti o anche di bilancio energetico in rapporto con l’ambiente e, quindi, di temi come il riscaldamento globale, la salute, la sopravvivenza degli habitat naturali?
Se permettete qualche dubbio, a leggere solo uno dei nomi dei partecipanti, sovviene lecitamente. Apprendiamo dalla stampa che “ agli incontri del gruppo di lavoro parteciperà Chicco Testa (presidente di Sorgenia Spa ed Eva Spa, esperto di politiche industriali ed energetiche)”. Chicco Testa? Ma non era forse colui, già fiduciario di Rutelli, Veltroni e Bersani, che Renzi voleva nominare come Ministro allo Sviluppo Economico, il grande teorizzatore dell’energia nucleare, l’uomo delle “Quattordici poltrone” Enel, Acea, Roma Metropolitane, RAS, TELIT, Sorgenia Spa, Eva Spa, ecc., noto, tra l’altro, per le sue posizioni a favore della TAV e della privatizzazione dell’acqua?
La politica. Centro sinistra, quando governava a Monfalcone, assente. Oggi la sindaca di Monfalcone di centro destra che dice? E l’assessore comunale all’ambiente? Purtroppo, quando si tratta di speculazioni e grandi interessi in gioco, cambiano i partiti e i colori politici ma la posizione della politica resta sempre la stessa: zitta e asservita.
I cittadini: molti indifferenti, pochi interessati dalla questione e questi ultimi tenuti rigorosamente fuori dai “tavoli” e, quindi, dalle decisioni che contano.
Personalmente penso che proprio settori fondamentali per la nostra vita, come l’energia (e l’acqua), dovrebbero essere gestiti dal basso, cittadini e amministrazioni locali, tramite l’autoproduzione e la distribuzione locale . Stiamo andando, invece, esattamente nella direzione opposta e i risultati si vedono: sprechi e danni irreparabili all’ambiente e alla salute delle persone, crisi economica e delocalizzazioni che si traducono in disoccupazione o sfruttamento. SC
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