Proprio mentre si sta consumando, in questi giorni, una delle pagine più buie della sanità locale degli ultimi anni, ovvero la negazione della partecipazione delle comunità al PAL (Piano Attuativo Locale) 2018, apprendiamo dalla stampa locale della protesta di una categoria di professionisti fondamentale per l’assistenza e la cura delle persone.
Stiamo parlando del “servizio di continuità assistenziale”, forse più conosciuto come “Guardia medica”, servizio che permette a tutti i cittadini di avere a disposizione un medico di medicina generale ogni giorno dalle ore 20.00, durante i fine settimana e nei giorni festivi, quando cioè gli studi dei medici di famiglia sono chiusi.
Il motivo della protesta è presto detto: tre euro all’ora in meno che significa 300-400 euro “decurtati dallo stipendio senza alcun preavviso né concertazione sindacale”: questa è la denuncia dei medici apparsa recentemente su vari quotidiani locali come il Messaggero Veneto e Udine.diariodelweb.it, oggi anche sul Piccolo.
Si preannunciano, leggiamo, possibili azioni di protesta della categoria, a partire da venerdì 2 marzo. Potrebbero, infatti, non essere più garantite “le prestazioni che esulano dal contratto di lavoro”.
Prestazioni oltre il contratto? Corrisponde al vero che in questi anni i “medici di continuità assistenziale” hanno fornito prestazioni che ben vanno al di là di quelle non differibili della medicina generale afferenti ai pazienti residenti nel territorio di competenza?
É vero, e mi piacerebbe avere un onesto riscontro da chi lavora nel settore, che questi medici da anni, coerentemente con il loro codice deontologico, assicurano un servizio che va ben oltre il loro contratto? È vero che questi professionisti prestano la loro opera in RSA, nelle carceri, nei centri di accoglienza dei richiedenti asilo, nelle case di cura presenti sul territorio, oltre a prendersi in carico pazienti direttamente riferiti dal servizio di emergenza e pronto soccorso (i codici “bianchi”)?
Una cosa è certa: si tratta di un servizio svolto a beneficio della collettività, che riguarda anche le fasce più deboli di essa: un lavoro portato avanti nel silenzio, senza clamori, ma sempre presente ogni notte, tutto l’anno, fine settimana e festività inclusi.
Dunque si tratta di una decurtazione della parte variabile dello stipendio che dipende da accordi scaduti e non prorogati? Per quale motivo? Forse che questo lavoro non è riconosciuto dai vertici amministrativi della sanità regionale?
Il Forum Gorizia non può non essere interessato da questa vicenda che, proprio in un periodo storico di grande disagio sociale, appare, ma spero veramente di sbagliarmi, come un ennesimo evidente “taglio” che colpisce direttamente i lavoratori di un settore molto particolare, l’assistenza sanitaria e, di conseguenza tutta la collettività.
Nei prossimi giorni ulteriori aggiornamenti sulla vicenda. SC
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