Sabato 24 marzo oltre 800mila persone hanno sfilato a Washington ed altre centinaia di migliaia in altre 836 città degli Stati Uniti, anche all’estero, contro le armi “facili” dando vita alla storica manifestazione “March for Our Lives”. Secondo l’Associated Press bisogna tornare indietro di quasi cinquant’anni ai tempi delle proteste per la guerra in Vietnam per trovare una mobilitazione giovanile altrettanto imponente.
L’iniziativa è stata promossa da un gruppo di studenti del liceo della Florida dove il 14 febbraio scorso 17 persone sono state uccise con armi automatiche da un ex studente.
Yolanda Renee King di 9 anni, nipote di Martin Luther King il padre del movimento per i diritti civili assassinato a Memphis il 4 aprile 1968, salita a sorpresa sul palco della manifestazione a Washington esordisce dicendo “mio nonno aveva un sogno, che i suoi quattro bambini non venissero giudicati per il colore della loro pelle, ma per i tratti della loro personalità”, per poi lanciare il suo appello: “Io ho un sogno, che questo sia un mondo libero dalle ami, punto e basta!”
Il sogno è quello di vincere contro la NRA (Nationale Rifle Association) e le altre lobby delle armi, industrie che fanno profitti sulla guerra, sulla violenza, sull’odio, alimentando ad arte angosce ed insicurezze per vendere e guadagnare sempre di più.
Ma c’è una novità, finalmente un’onda si muove dal basso, sono i cittadini trainati dai giovani a prendere in mano una situazione che la politica, debole o complice, non ha adeguatamente affrontato: “Noi siamo quelli che hanno paura di andare a scuola ogni giorno perché non sappiamo se saremo i prossimi” e, ancora, “Il nostro messaggio è che non rimarremo zitti, continueremo a combattere per un maggiore controllo sulle armi” queste in sostanze le rivendicazioni emerse dalla voce dei partecipanti.
Tra le varie dichiarazioni riportate nella cronaca, quella di una liceale mi ha particolarmente colpito: “Noi voteremo nel 2020, la nostra generazione vuole un cambiamento”.
Penso che questa manifestazione al di là del tema delle armi “facili” sia in realtà una reazione dell’inconscio popolare contro la deriva capitalistica di una società malata e completamente disgregata, quella americana nel caso di specie, che non a caso ha visto alle ultime elezioni presidenziali come candidati due significativi rappresentanti: Trump e la Clinton.
“Cambiamento”, questa è la parola magica, ovvero reagire a questa società del consumo marcia, mercificata e lobbizzata: riprendere a sognare ci salverà! sc
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