Mai il risultato delle elezioni fu più disastroso per la sinistra. Le elezioni del 1948 possono certo essere paragonate a quelle di oggi e ricordare il senso di disfatta che il Fronte Unico tra comunisti e socialisti provò quando dovette affrontare la sconfitta inflitta dalla Democrazia Cristiana, ma erano altri tempi, altri avversari, altri poteri forti – e che poteri! – che si erano mossi per impedire che l’orso russo potesse affermarsi in Italia.
Oggi la catastrofe è maggiore anche perchè riguarda tutta la sinistra. A essere coinvolti non sono soli i partiti moderati, ma la sinistra in tutta la sua gamma, dal PD, a LeU, al Potere al Popolo, per motivi e ragioni diverse. Le ragioni del disastro sono molteplici ma quella principale è aver perso il proprio radicamento elettorale.
A una classe medio bassa, impaurita dalla prospettiva di impoverirsi, con figli che studiano e che spendono all’università un bel po’ di soldi senza alcun servizio e con la consapevolezza di avere in futuro lavori precari e sottopagati, avendo i genitori una prospettiva di lavoro sino ai 70 anni, dovendo pagare ormai servizi essenziali, cosa offre la sinistra?
L’obbligo morale di vedere positivo, di pensare che il figlio che parte è un cervello in fuga, invece di un povero giovane, sradicato da relazioni e affetti, costretto a lavorare in bar e pizzerie inglesi per 14 ore al giorno. A questi elettori impauriti la Lega e il Movimento 5stelle hanno offerto una lettura della loro condizione semplice (colpa dei migranti) e una soluzione immediata e concreta (reddito di cittadinanza) e un’idea di protezione sociale da un’Europa vista come una rapace matrigna.
Parlare con il linguaggio della globalizzazione, del mercato, della competizione tra individui per un posto di lavoro in che modo potrebbe attrarre l’elettorato di sinistra? E la sinistra, almeno quella rappresentata dal PD e da LeU, sentita come un tardivo tentativo di riportare in Parlamento un ceto politico ugualmente corresponsabile, ha di fatto parlato quel linguaggio.
Allora perchè la sinistra riprenda un senso deve tornare a comprendere in che mondo viviamo, in cosa consiste la radice delle disuguaglianze e dello sfruttamento, della solitudine individuale, della depressione, del declino culturale del popolo e incidere su quello, combatterlo, non civettarci e non considerare questo come l’unico mondo possibile, come hanno fatto sinora.
Se non si riparte dai fondamentali, se non si ha consapevolezza dei conflitti e dei bisogni, parlare di unità della sinistra o di cambiamento dei leader come medicine dei nostri guai fa ridere, perchè la malattia è ben più profonda e grave. adg
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