Su tante cose si possono avere dei dubbi, meno una: a una certa parte politica, di solito collocata a destra, piace la parola DECORO. Ne va proprio pazza e non riesce a fare a meno di condirci qualsiasi cosa, strade, parchi, gallerie… Ora anche l’outfit. E non mi riferisco a mise discinte, no, quelle sono più che benvenute! Mi riferisco alla tenuta da lavoro, a meno che tu non sia un manager con giacca, cravatta e ventiquattro ore.
Se il destino cinico e baro ha voluto che tu lavorassi in fabbrica, cantiere, officina e di conseguenza indossassi otto ore al giorno la tuta da lavoro, sei un povero cristo che deve recarsi dal posto di lavoro a casa propria usando il teletrasporto, senza essere visto e recare danno al paesaggio, a meno che la tua tuta non sia griffata ça va sans dire.
Apprendiamo questa ultima tendenza in fatto di stile da una signora monfalconese dal crine corvino, probabilmente commerciante, che proprio non regge la vista di onesti lavoratori in tuta da lavoro. E pensare che aveva cominciato bene…
“Offrire una Monfalcone moderna e rinnovata”, “aperture serali una volta alla settimana nel periodo estivo”, “grossi eventi per far sì che Monfalcone torni quella di una volta e incameri tante presenze”, “una visione più completa e all’avanguardia del tipo di commercio”, “frequenza di corsi di formazione per adeguarsi ai tempi che cambiano”.
A sconcertare è la fine del suo discorso:
“Se vuoi che il grosso investitore venga a investire a Monfalcone con un bel negozio e vuoi che questo bel negozio sia frequentato da BELLA GENTE devi fare in modo che determinate cose non si vedano più…
La domanda a questo punto sorge spontanea: qual è la BELLA GENTE? Quale obbrobrioso spettacolo bisogna censurare affinchè Monfalcone ricominci ad avere il suo appeal?
Risposta: la gente che esce dal cantiere con la tuta e le scarpe sporche.
“Noi per primi dobbiamo far sì che la gente che abita e lavora qui abbia un determinato abbigliamento consono per frequentare le strade cittadine”.
Quindi signori operai, cantierini, che mandate avanti l’economia locale, continuate a sgobbare, ma fatelo in Dolce & Gabbana e soprattutto NON SPORCATEVI. ElSa.
Fra Gorizia Monfalcone e Trieste è in corso una bella gara, non c’è che dire …
Ma davvero c’è qualcuno che se ne stupisce? Pur essendo profondamente indignato io no!
Del resto è la logica conseguenza in un paese in cui negli ultimi ha governato un partito che si crede di sinistra, ma che in realtà ha attuato le peggiori politiche liberiste e fasciste che neanche la destra più estrema ha avuto il coraggio di realizzare e sognare; in un paese in cui la dignità del lavoro è stata beceramente svenduta al patronato (jobs act e smantellamento dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori ne sono solo gli ultimi atti), in cui i sindacati non hanno saputo adeguarsi ai cambiamenti del mercato del lavoro e tutelare i lavoratori, ma anzi si sono perfettamente integrati in questo sistema vizioso (vedi lo scandaloso massiccio ricorso ai voucher, quando esistevano), in cui la stessa istruzione pubblica è stata messa al servizio della aziende (vedi tirocini gratuiti e alternanza scuola-lavoro); in cui la cosiddetta sinistra a suo tempo istituì i centri di detenzione per i migranti (Vedi legge Turco-Napolitano), e anche in tempi più recenti si è dimostrata sempre più forte coi più deboli (vedi DASPO urbano, decreto Minniti e compagnia cantante), in cui i valori fondanti della nostra Costituzione antifascista sono stati considerati sempre meno importanti.
Le situazioni citate sono solo alcuni esempi.
La destra è destra e destra rimane, ma la sinistra ahimè si è lasciata trasportare a destra anch’essa, con la conseguenza di essersi praticamente estinta.
Urge una profonda presa di coscienza su tutto ciò e cominciare a lavorare per una ricostruzione delle macerie del 4 marzo.